La Namco, non potendo trascurare un settore così popolare, realizza Dangerous Seed nel 1989.
Questo coin-op adotta come referente uno dei più noti titoli della Nichibutsu, Terra Cresta (1985), per implementare un weapon power-up system dalla struttura squisitamente modulare.
In Dangerous Seed si utilizzano tre tipologie di armi, tutte potenziabili tramite classici item “P” e modificabili attraverso la configurazione (“Formation”) dei tre moduli che costituiscono la navicella al massimo della sua potenza / sviluppo.
I settori del caccia spaziale sono: alfa, beta e gamma. Naturalmente si inizia il gioco con alfa, il “modello base”. I moduli beta e gamma si ottengono solo in seguito, dopo aver superato lo stage 5. Una volta integrata, la navicella dispone di un volume di fuoco superiore e può alternare due formations nel caso in cui lo sviluppo si limiti a 2 moduli (ad esempio: se il caccia è del tipo “alfa - beta” o “alfa - gamma”, è possibile switchare a “beta - alfa” o “gamma - alfa”), o 3 nella situazione di pieno sviluppo (“alfa - beta - gamma” può alternarsi con “beta - gamma - alfa” e “gamma - alfa - beta”). Ogni configurazione comporta tipologie di fuoco e smart bomb (“Hyper Bombs”) differenti.
La Namco concede generosamente un minimo di resistenza ai vari settori di cui sopra. Ogni modulo, infatti, deve essere colpito tre volte prima di esplodere e può ripristinare la propria energy bar tramite appositi bonus. I settori del caccia possono essere distrutti separatamente dal fuoco nemico o dal contatto con le varie creature aliene, navicelle e boss che popolano questo shoot ‘em up. In questo caso il loro numero di riduce e il volume di fuoco si ridimensiona di conseguenza. Quando l’ultimo modulo viene definitivamente distrutto si perde una vita.
Per fortuna non mancano bonus molto utili quali il ripristino di un particolare settore della navicella, hyper bomb items e pod di protezione che gravitano intorno al caccia in orbite variabili secondo la formation adottata.
Per rendere più appetibili delle dinamiche di gioco che, già nel 1989, dovevano sembrare piuttosto canoniche, gli sviluppatori adottano un approccio organico "à la R-Type", con dei classici boss biomeccanici, un’ambientazione a tema “Viaggio Allucinante” virato verso l’alieno-fantascientifico e contaminato con suggestioni visive provenienti dal mondo degli insetti.
Pur non godendo di particolare notorietà, il coin-op Dangerous Seed è sufficientemente conosciuto da indurre la Namco a convertirlo nel 1989/90 per Sega Mega Drive. Come per tutti i giochi il cui sviluppo è anteriore al 1990, il formato di cartuccia adottata è di 4 Mbit (512 KB). Le ridotte disponibilità di memoria e il livello ancora embrionale di valorizzazione della console comportano un rilevante impoverimento della grafica in vista del mantenimento nel porting dei 12 stage del coin-op.
Dangerous Seed su Mega Drive risente, dunque, di un profilo estetico fin troppo basso. Pur tenendo conto del severo limite della cart di 4 Mbit e della fase iniziale del ciclo di vita della console, inevitabilmente ancora “inesplorata” per la maggioranza degli sviluppatori, non si può certamente elogiare la perizia dei grafici della Namco che si limitano a livelli di colorazione e dettaglio più da 8 che da 16 bit, concedendosi solo lo scrolling parallattico e, negli stage 9 e 12, una gradevole applicazione del raster effect di distorsione ondulatoria.
Gli sprite, generalmente piuttosto piccoli, danno talvolta un’impressione di essere appena abbozzati, con alcuni di essi che soffrono di un antiestetico effetto di simil-flickering, adottato dagli sviluppatori per contrassegnare i nemici che rilasciano i bonus una volta distrutti. I boss finali, pur dotati di un design abbastanza elaborato, soffrono di animazioni povere di fotogrammi, nonché di pattern di movimento fin troppo basilari.
Ulteriore neo di questa conversione è una spiccata tendenza ai rallentamenti che lascia perplessi se si considera la finestra di gioco abbastanza ridotta, la generale povertà grafica e il numero di elementi in movimento, ben lontano da valori critici per l’hardware Sega.
La qualità della colonna sonora risolleva parzialmente Dangerous Seed dalla sostanziale mediocrità tecnica che lo caratterizza. Le BGM, infatti, sono piuttosto brillanti per composizione (anche se in diversi casi un po’ troppo brevi) e beneficiano di una piacevole sintesi. Di rilevo, poi, la qualità di alcuni motivi particolarmente orecchiabili e le apprezzabili variazioni di stile: da “alien atmosphere” a epico, passando per incalzanti quanto adrenalinici brani electro-rock e gradevoli chiptunes synth-jazz.
Gli FX, invece, non si discostano dagli standard dei titoli del periodo per Mega Drive: semplici white noises per le esplosioni e qualche effetto standard per le armi e l’impatto di laser e smart bomb sui boss.
Tirando le somme, non si può dire che Dangerous Seed entusiasmi, anzi!
Sotto il profilo del gameplay, si tratterebbe di un prodotto complessivamente ben confezionato: 12 stage, 3 livelli di difficoltà (“EASY”, “NORMAL”, “HARD” -consigliato-), uno special mode (“DIGEST”: una sorta di versione “condensata” che offre una selezione di stage) e una shooting action sufficientemente varia e divertente. E tuttavia diversi punti deboli di ordine tecnico e strutturale (slowdowns, tendenza all’accumulo claustrofobico dovuto alla ridotta finestra di gioco, sostanziale inutilità di alcune formations e povertà dei pattern dei boss con conseguente ridimensionamento della sfida) e le diffuse inadeguatezze estetiche non possono che relegare questa conversione tra i titoli senza infamia e senza lode della line-up Mega Drive.
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