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Forgotten Worlds

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  • Forgotten Worlds

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ID: 247319Il Neo Geo ante litteram... firmato Capcom

    Forse l'acronimo CPS / CPS-1 non accenderà nessuna particolare lampadina in quei retrogamer che, magari, non erano particolarmente "sensibili" al "dietro le quinte" di molti tra i più noti coin-op realizzati tra il 1988 e il 1995.
    Eppure tale sigla si riferisce ad un arcade board che rivestì un'importanza fondamentale nella storia videoludica, quando quest'ultima si scriveva soprattutto in quel sancta sanctorum dell'intrattenimento elettronico che era la sala giochi.

    Il Capcom Play System fu la piattaforma hardware che, consentì alla compagnia di Osaka, già reduce da successi del calibro di Commando, Ghost ‘n’ Goblins, Bionic Commando, 1943: The Battle of Midway, Black Tiger, Street Fighter e Tiger Road, di aumentare enormemente la propria fama grazie ad un impressionante fuoco di fila di hit sviluppati su questa flessibile quanto potente board.
    L'elenco dei 28 CPS games, infatti, include titoli di notevole rilievo e capolavori videoludici come: Forgotten Worlds, Ghouls 'n’ Ghosts, Strider, Dynasty Wars, U.N Squadron, Final Fight, 1941: Counter Attack, Mercs, Magic Sword, Street Fighter II: The World Warrior, Three Wonders, The King of Dragons, Captain Commando, Knights of the Round, Street Fighter II: Champion Edition, Street Fighter II: Hyper Fighting, Street Fighter II Turbo: Hyper Fighting e Mega Man: The Power Battle.

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ID: 247321

    Le specifiche tecniche della CP System erano decisamente notevoli per un hardware datato 1988: risoluzione "semi-panoramica" di 384X224 (superiore alla 320X224 del più “recente” -1990- Neo Geo Multi Video System -MVS-), possibilità di gestire fino a 128 sprite (dimensione: da 16X16 a 64X64 pixel), parallasse hardware su 3 livelli, fino a 256 colori su schermo da una tavolozza di 3072 e doppio chip audio (sintesi FM su 8 canali stereo e campionamenti 4-bit ADPCM su 4 voci mono).
    Si trattava, dunque, di una piattaforma tanto potente quanto flessibile che, non solo fu ampiamente valorizzata dalla Capcom fino al 1995, ma beneficiò anche di una “enhanced version”, la CP System Dash / CPS-1.5 / CPS Q-Sound (1992/93), un arcade board che migliorava la qualità audio della CPS-1 grazie alla qualità e all’innovativa apertura del fonte sonoro consentita, appunto, dal Q-Sound chip.
    A quest’ultimo hardware si dovette una breve ma significativa seconda giovinezza della piattaforma lanciata nel 1988 che, acusticamente potenziata, tornò a mostrare i muscoli con: Warriors of Fate, Cadillacs and Dinosaurs, The Punisher, Saturday Night Slam Masters e Muscle Bomber Duo: Ultimate Team Battle.

    Per l’utilizzo tanto intensivo quanto fruttifero e l’indiscutibile versatilità, la CPS-1 potrebbe essere considerata un Neo Geo MVS ante litteram e non è certo un caso che la Capcom abbia effettivamente tentato di seguire le orme della SNK producendo nel 1994 il CPS Changer, una versione domestica del già menzionato CP System Dash che, a conti fatti, costituiva la risposta della grande C alla console Neo Geo Advanced Entertainment System (AES).

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    Dopo 7 anni di ”onorata carriera”, il CP System / CP System Dash cedette infine il passo al più potente CP System II (CPS-2) che aveva già esordito nel 1993 con Super Street Fighter II: The New Challengers… ma, per utilizzare un refrain del Michael Ende de “La storia infinita”, << […] questa è un'altra storia, e la si dovrà raccontare un'altra volta. >>.

    Tornando al 1988 e al debutto del CPS-1, vediamo quale fu il “biglietto da visita videoludico” di questa gloriosa arcade system board, vale a dire il “multi-directional firing” shoot ‘em up Forgotten Worlds.


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ID: 247324

    Gli indimenticabili “Mondi Dimenticati”

    In un imprecisato quanto lontano futuro, la Terra è ormai in larga parte devastata dall’opera distruttrice di una crudele divinità chiamata Bios. La desolazione che regna nelle amorfe lande punteggiate da rovine, piantonate dagli agguerritissimi servitori del dio malvagio e presidiate da 8 terribili guardiani a lui fedeli, è tale da consegnare all’oblio i nomi originali, sostituendoli con un anonimo “Dust World”.
    Per fortuna la speranza dei terrestri sopravvissuti non è scomparsa nella polvere dei “Mondi Dimenticati” e si affida ora a due potentissimi super guerrieri biomeccanici che attaccheranno il micidiale Bios e i suoi altrettanto letali accoliti per sconfiggerli definitivamente, liberando, così, la Terra dalla loro esiziale presenza.

    Volendo dare una descrizione molto sintetica di Forgotten Worlds (“Lost Worlds” nel magico paese del sol levante), si può definirlo a grandi linee come una sorta di Side Arms ipervitaminizzato, integrato dalla feature del multi-directional firing e dagli “SHOP” (in cui i super guerrieri investono gli “Zenny” -il “conio Capcom”- guadagnati blastando i nemici per ripristinare energia, acquistare armi, armature e persino vite extra), i negozi già visti nel 1987 in Black Tiger. Il primo titolo sviluppato su scheda CPS-1 è anche l’ultimo di un’ideale trilogia di sparatutto firmati dalla grande C che vedono come protagonisti eroi dotati di jetpack: Section Z (1985), il già menzionato Side Arms: Hyper Dyne (1986) e, appunto, il “biglietto da visita” della CP System.

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    Forgotten Worlds è uno di quei coin-op che spiccava tra i titoli contemporanei per due motivi ben distinti: la notevolissima qualità grafica e l’insolito sistema di comando. La Capcom, infatti, non solo mirava a fornire con questo shoot ‘em up un’eloquente dimostrazione di forza, un vero e proprio “Vulgar Display of Power” della CPS-1, ma tendeva anche a distinguerlo dalla concorrenza garantendo un gameplay assolutamente peculiare.
    Adottando un “roll switch”, vero e proprio “pulsante ruotabile” concepito per sparare in 16 direzioni differenti, la compagnia di Osaka dettò la linea dello “multi-directional firing shoot-em-up” che di lì a un anno sarebbe proseguita con coin-op come Megablast (Taito), Hellfire (Toaplan) e Prehistoric Isle in 1930 (SNK).


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    Questo arcade hit Capcom, dunque, è uno shoot ‘em up a scrolling prevalentemente orizzontale articolato in 9 livelli di cui due più brevi a scorrimento verticale.
    Ai due super guerrieri dotati di jetpack è associata una energy bar che può essere ripristinata mediante l’acquisto di un medikit in uno degli SHOP. In questo titolo non si dispone che di una vita e i suddetti negozi non sono collocati all’inizio di ciascuno stage, ma impongono un “lunghissimo” quanto cruciale minuto di gameplay prima di raggiungerli… con protagonisti già malconci poiché reduci dagli scontri con i mega-boss.
    Anche se è possibile acquistare una costosissima extra life in uno degli shop, collezionare abbastanza Zenny da dotarsi di un buon arsenale (sono disponibili 11 tipologie di armamento differenti), ripristinare la propria energia e, magari, per l’appunto, procurarsi un super guerriero di scorta comporta notevoli rischi legati alla tattica particolarmente aggressiva che si rende necessaria per blastare quanti più nemici possibili e raggranellare tutto il “conio Capcom” che essi rilasciano.
    Com'era prevedibile, Forgotten Worlds è uno sparatutto molto impegnativo dove i “jetpack heroes” devono destreggiarsi tra nugoli di velocissimi sprite nemici, superare strettoie presidiate da numerose postazioni di fuoco, fronteggiare attacchi di ogni genere provenienti da tutte le direzioni e combattere con boss enormi, dotati di armi devastanti e caratterizzati da pattern offensivi piuttosto insidiosi.
    La struttura dello shoot ‘em up si presta particolarmente ad un consigliabilissimo 2-player mode che permette di “guardarsi le spalle” a vicenda, di attaccare con maggiore efficacia i nemici più resistenti, di selezionare armi differenti per venire incontro alla maggior parte delle esigenze… e, magari, di razziare gli Zenny che “spetterebbero” al partner videoludico utilizzandolo come scudo per proteggersi dai proiettili nemici.

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    Dal punto di vista tecnico, Forgotten Worlds è semplicemente… garagantuesco (<< Mi è sempre piaciuto l'aggettivo "Gargantuesco", succede raramente di poterlo usare in una frase... >> -Elle Driver- da “Kill Bill vol. 2”) per un coin-op datato 1988: da 90 a circa 180 colori a video ben selezionati e distribuiti, ottima definizione, alto livello di dettaglio, tratto elaborato e incisivo (con due gustose citazioni grafiche da Hokuto No Ken), maestosa parallasse, gran numero di sprite su schermo, ritmo serratissimo e boss eccellenti per design, caratterizzazione e, in alcuni casi, animazioni (su tutti il superbo Dust Dragon del secondo stage e l’imponente God of War del terzo).
    Se il fronte audio risulta qualitativamente assai meno eclatante di quello estetico a causa delle limitazioni del chip Yamaha YM-2151, può in ogni modo contare su musiche epiche e brani d’atmosfera che, ad esempio, enfatizzano la cupa desolazione delle ambientazioni (Stage 2) o sottolineano la drammaticità dello scontro con gli agguerritissimi nemici nei concitati livelli finali. Anche gli FX in-game che, come le BGM, sono per lo più in sintesi, non brillano per resa acustica e confermano la poca incisività dei difficilmente intelligibili vocal samples che accompagnano le criptiche “battute” testuali dei super guerrieri, rinomate per la fluentezza del loro “engrish” (“Did you find the guy?”, “I’ll finish you today for sure!”, ecc…).

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    Se la Capcom si era proposta di dare con questo shoot ‘em up un saggio delle potenzialità della CPS-1 e, allo stesso tempo, di piazzare un nuovo arcade hit, tali intenti non potevano che dirsi raggiunti. Forgotten Worlds, infatti, riscosse un notevole successo e, di conseguenza, diede vita ad una numerosa progenie di conversioni: PC MS-DOS (1988), Commodore 64 (1989), ZX Spectrum (1989), Amstrad CPC (1989), Amiga (1989), Atari ST (1989), Mega Drive / Genesis (1989), Master System (1990) e PC Engine Super CD-ROM² (1992).

    I porting dimezzati e la versione Atari ST

    Nel 1989 la U.S. Gold affidò le difficili conversioni per home computer di questo coin-op alla Arc Developments, team fondato due anni prima da programmatori provenienti dalla già blasonata Elite Systems. Questi porting non furono gli unici firmati da tali sviluppatori che, sempre nel 1989, si occuparono anche di Crack Down (ZX, CPC, C64, Amiga e Atari ST), R-Type II (Amiga e ST) e Dragon Breed (Amiga e ST).


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    Una caratteristica comune ai Forgotten Worls realizzati dalla Arc Developments è la drastica riduzione del numero degli stage: dai 9 del coin-op ai 4 delle versioni domestiche.
    Se compromessi in questo senso erano inevitabili in considerazione dei 42,5 mbit (5,4 MB) del coin-op e delle severe restrizioni imposte dalla capacità dei supporti e dalla RAM disponibile, lascia in ogni caso perplessi la scelta della U.S. Gold di limitare a soli due floppy disk le conversioni per home computer a 16 bit (per un totale di 720 kB -ST: 2X360- e 1,7 MB -Amiga: 2X880-) che, altrimenti, avrebbero potuto beneficiare di un numero maggiore di livelli.
    Se se si prende atto della circostanza che, tra quelli sopra elencate, il porting graficamente più fedele all’originale è sviluppato da Nec Avenue per PC Engine Super CD-ROM², dovrebbe apparire chiaro che i supporti magnetici e silicei utilizzati su home computer e console diffusi a cavallo tra ’80 e ’90 non fossero i più indicati per una “riproduzione conforme” di un titolo del calibro di Forgotten Worlds.
    La stessa versione Mega Drive, infatti, pur vantando un buon ritmo, il cooperative 2 player mode (assente su PCE CD), lo scorrimento parallattico (non riprodotto sul’add-on di Gate of Thunder) e un ben implementato sistema di controllo (migliore di quello adottato dalla NEC Avenue sul joypad di serie), è sicuramente penalizzata sotto il profilo grafico dalla “taglia” assai limitata della cart: 4 mbit, corrispondenti a soli 512 kB.

    Un’altra peculiarità del porting di Forgotten Worlds sugli home computer consiste nel sistema di controllo. Come riprodurre il roll switch del coin-op con un single button joystick?
    La soluzione adottata dalla Arc Developments è chiaramente di compromesso: per modificare la direzione di fuoco si muove il joystick avanti o indietro tenendo premuto il pulsante. Questo accomodamento comporta l’impossibilità di spostare i protagonisti in orizzontale e sparare mantenendo nel contempo l’orientamento dell’arma. Per fortuna la frenesia del coin-op è stata molto attenuata in queste conversioni e la difficoltà ne risulta fin troppo mitigata, a prescindere dagli indubbi svantaggi legati al control system attuato.

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    Analizzando nel dettaglio il porting dell’arcade hit Capcom per Atari ST, non si può che constatare come la Arc Developments, in considerazione delle specifiche hardware del sistema e della ridotta memoria disponibile, abbia svolto un lavoro tutto sommato valido. Al di là dell'estetica, sostanzialmente decorosa, la qualità del coding è apprezzabile nello scrolling, in termini di “fluidità” superiore agli “STandard”, nel moderato sfarfallìo degli sprite, nella dignitosa riproduzione delle musiche (purtroppo, in modo analogo alla “controparte” Amiga, le BGM sono ascoltabili in alternativa agli FX) e nella presenza del 2-player mode.

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    Il problema più rilevante della conversione di Forgotten Worlds su ST non è costituito tanto dalle inevitabili difficoltà imposte dalle caratteristiche del 16 bit Atari, ma dal già citato limite di due floppy disk che, sia pur in misura assai minore, penalizza anche la versione Amiga. Quest’ultima, infatti, pur vantando una discreta parallasse, una buona fluidità, animazioni sufficientemente ricche, diversi apprezzabili “extra” tra cui le 16 direzioni di fuoco (su ST sono ridotte a 8), 32 colori su schermo (il doppio del porting su Atari) e un comparto audio piuttosto apprezzabile, risulta a sua volta sacrificata a soli 4 livelli, 2 musiche in-game e boss afflitti da numerosissimi “tagli”.

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    Va infine considerato che i pochissimi kB dedicati, appunto, agli “evil gods” da affrontare alla fine degli stage hanno reso questi ultimi fastidiosamente “passivi”, in particolar modo nella versione ST. La drastica riduzione delle animazioni e la conseguente povertà dei pattern di attacco dei boss consentono, infatti, di posizionarsi in un “punto cieco” da dove bersagliarli senza essere colpiti, con conseguente riduzione della sfida ai soli stage 3 e 4 e allo scontro finale con Bios, per fortuna ben più “vivace” dei suoi servitori.


    COMMENTO FINALE


    La conversione di Forgotten Worlds su Atari ST non può che considerarsi sostanzialmente trascurabile, come del resto era quasi inevitabile tenuto conto delle enormi differenze tra l’hardware dell’home computer a 16 bit e quello del CPS-1. Questo porting, infatti, è solo una pallida ombra dell’arcade hit Capcom e, pur beneficiando di una buona programmazione e risultando abbastanza divertente, risente fin troppo del numero limitato di livelli imposto dai soli due floppy disk e soffre di un livello di sfida fin troppo carente che va a discapito della longevità. Chi intende riscoprire il sontuoso shoot ‘em up che ha marcato l’esordio del CP System, piuttosto che rivolgersi alle conversioni realizzate tra 1989 e 1992, può orientarsi sulle più tarde riedizioni per PlayStation 2 (2005, “Capcom Classics Collection"), XBox (2005, "Capcom Classics Collection") e PSP (2006, "Capcom Classics Collection Remixed")

    Alessio "AlexTheLioNet" Bianchi





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    • Amy-Mor
      #1
      Amy-Mor ha commentato
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      Purtroppo è un titolo che non ho mai approfondito, ne in sala giochi, tantomeno in versione home.
      Presto rimedierò...Rece molto interessante cmq...

    • Akiba
      #2
      Akiba ha commentato
      Modifica di un commento
      Ho giocato (poco) alla versione Mega Drive. La quale, peraltro, non mi ha convinto molto.

    • cino77
      #3
      cino77 ha commentato
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      Originariamente inviato da Amy-Mor
      Purtroppo è un titolo che non ho mai approfondito, ne in sala giochi, tantomeno in versione home.
      Presto rimedierò...Rece molto interessante cmq...
      mi trovo quasi sempre d'accordo con le tue opinioni!

    • maxtex74
      #4
      maxtex74 ha commentato
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      gioco graficamente immenso e bello ,ma un pò ostico.la conversione amiga fu ottima ma mancavano la metà dei livelli.

      Lo sto rigiocando su PS2 grazie alle collection della Capcom.Affascinante.

    • Gedeone de Infortunis
      #5
      Gedeone de Infortunis ha commentato
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      Conversione coraggiosa, ben riuscita sul fronte tecnico(la Arc è una di quella che riusciva a fare uno scroll dignitoso su ST e a riempire lo schermo di roba, vedi anche Armalyte e Dragon Breed). Peccato per i numerosi tagli (bastava aumentare il n. dei floppy alla fine). Ottima recensione(un punto in più perchè hai citato i Pantera)
      Ultima modifica di Gedeone de Infortunis; 24-12-2010, 03:46.

    • saxabar
      #6
      saxabar ha commentato
      Modifica di un commento
      Se vi sembra brutta questa versione non avete mai provato quella per pc
      Su PC Engine non è male comunque

    • Gedeone de Infortunis
      #7
      Gedeone de Infortunis ha commentato
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      Originariamente inviato da saxabar
      Se vi sembra brutta questa versione non avete mai provato quella per pc
      Su PC Engine non è male comunque
      confermo ma anche su Spectrum e Amstrad non c'è molto da divertirsi. La mia preferita rimane quella MD, seguita a ruota da PCE e Amiga.

    • AlextheLioNet
      #8
      AlextheLioNet ha commentato
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      Originariamente inviato da saxabar
      Se vi sembra brutta questa versione non avete mai provato quella per pc
      Su PC Engine non è male comunque

      Come ho accennato nell'articolo, la conversione su PC Engine Super CD-Rom2 è tecnicamente ottima con una grafica molto colorata quanto particolarmente ricca di dettagli e un'eccellente colonna sonora... peccato che manchi della parallasse, risenta del single-player only gameplay e soffra di un control system poco felice (a meno che non si possieda il custom pad prodotto dalla NEC Avenue).

      Quì c'è un'articolo interessante che confronta la versione Mega Drive (discreta ma sin troppo penalizzata dalla cart di soli 4 Mbit) con quella PC Engine Super CD-Rom2:

      Ultima modifica di AlextheLioNet; 24-12-2010, 22:28.

    • Gedeone de Infortunis
      #9
      Gedeone de Infortunis ha commentato
      Modifica di un commento
      Per essere solo di 4mbit come cart, direi che hanno fatto i miracoli...certo si poteva fare molto di più.

    • AmigaMagic
      #10
      AmigaMagic ha commentato
      Modifica di un commento
      Originariamente inviato da AlexTheLioNet
      [...]lascia in ogni caso perplessi la scelta della U.S. Gold di limitare a soli due floppy disk le conversioni per home computer a 16 bit (720 kB -ST- e 1,7 MB -Amiga-) che, altrimenti, avrebbero potuto beneficiare di un numero maggiore di livelli.[...]
      Che io ricordi, i floppy dell'Amiga potevano avere max 880KB di dati.

      Originariamente inviato da AlexTheLioNet
      [...]penalizza anche la versione Amiga. Quest’ultima, infatti, pur vantando una discreta parallasse, una buona fluidità, animazioni sufficientemente ricche, diversi apprezzabili “extra” tra cui le 16 direzioni di fuoco (su ST sono ridotte a 8), 32 colori su schermo (il doppio del porting su Atari) e un comparto audio piuttosto apprezzabile, risulta a sua volta sacrificata a soli 4 livelli, 2 musiche in-game e boss afflitti da numerosissimi “tagli”.[...]
      Da appassionato degli home computer a 8 e 16bit e puntiglioso rompiscatole che sono , ci tengo a precisare che la versione Amiga di Forgotten Worlds non mostrava affatto dei livelli a 32 colori (quanto mi sarebbe piaciuto!), ma a 16, suddivisi a loro volta in 8 colori sul primo strato di parallasse e altri 8 sul secondo (questo era il limite stringente imposto dalla modalità Dual Playfield Hardware dei chipset OCS/ECS). L'unico elemento di gioco che beneficiava di ulteriori 16 colori ero lo sprite del protagonista (essendo che su Amiga gli sprite hardware usavano la seconda metà dei 32 registri colore disponibili). Ed il protagonista era l'unico sprite hardware presente nel gioco (a parte gli sprite hw usati per le indicazioni in sovraimpressione, come punteggio, soldi accumulati, energia residua, ecc.). Tutto il resto era realizzato tramite blitter objects disegnati sul primo playfield e, pertanto, potevano avere soltanto 8 miseri colori (che erano gli stessi del fondale in primo piano). Se ti domandi come faccia a sapere queste cose, beh, è semplice: ho usato il debugger integrato nel WinUAE per analizzare i registri hardware usati dal codice del gioco).

      In effetti, tecnicamente la tua affermazione non è del tutto errata, perché se ci mettessimo a contare i colori onscreen potremmo identificarne al max 32, ma soltanto perché lo sprite del protagonista e le scritte in sovraimpressione usano altri 16 colori distinti dai primi 16. Ma considerando che circa il 90% dell'area di gioco mostrava 8+8 colori (anzi, 7+8 dato che un colore del primo strato veniva sacrificato per "bucare" lo sfondo e mostrare lo strato sottostante), mi pare un po' esagerato dire che si trattava di un gioco a 32 colori...

      Relativamente ai livelli tagliati, io non giustifico affatto gli Arc Developments. Vorrei ricordare che un certo Turrican 2, gioco dotato di enormi livelli a scrolling multi-direzionale, boss giganteschi e grande varietà, stava su un singolo dischetto! E non credo che qualcuno si sia mai lamentato del numero di livelli di Turrican 2...

      Il trucco stava nel saper sapientemente disegnare delle tile che potessero essere riutilizzate il più possibile senza minare troppo la varietà estetica. Era ovvio che se pretendevo di replicare tutte le numerosissime tile della sala giochi (e stiamo parlando di un gioco super-massiccio della Capcom) non avrei mai potuto farci stare tutto in soli 2 dischetti... Bisognava giungere a dei compromessi "a regola d'arte" che non sacrificassero troppo la fedeltà visiva.

      Ad esempio, nella versione Megadrive di Forgotten Worlds si può notare un rifacimento estetico della grafica (da cui la differenza visiva rispetto alla sala giochi ed alla versione PC-Engine) proprio allo scopo di creare tile riutilizzabili. Grazie a questa sorta di "compressione artistica" operata da una persona in carne ed ossa, invece che da un algoritmo, la versione Megadrive riuscì a condensare in una piccola cartuccia di circa 500KB, 6 livelli di gioco (degli originali 8), laddove la versione Amiga/Atari ST ne aveva 4 (di cui alcuni anche abbastanza mutilati), nonostante i due dischetti (su Amiga 880KB*2 = 1760KB, ovvero, più del TRIPLO dello spazio utilizzabile dalla cartuccia Megadrive! ).

      Personalmente non ho mai apprezzato gli Arc Developments, quantomeno per i loro lavori su Amiga, sul quale realizzarono 3 conversioni, che io ricordi:

      1) Forgotten Worlds - Abominevole mutilazione dell'originale da sala. Era una dura gatta da pelare, d'accordo, ma si poteva fare molto di meglio.

      2) Dragon Breed - Sicuramente la migliore conversione degli Arc. Certo, un po' di menomazioni qua e là (alcuni nemici mancanti, svariati dettagli spariti, specie nei livelli più avanzati), ma sostanzialmente mi pare che almeno l'80% del gameplay originale ci fosse tutto. Sprite molto grossi e fluidi, così come lo scrolling multidirezionale in dual playfield. Peccato per alcune scelte cromatiche da pugno nell'occhio... Il dual playfield di Forgotten Worlds era più appagante per la vista.

      3) R-Type 2 - Questo qua forse aveva tutti i livelli dell'originale, ma era pieno di rallentamenti e, come se non bastasse, più andavi avanti nei livelli più la grafica diventava brutta. Molto meglio la conversione del primo ad opera dei Factor 5 (anch'essa non perfetta, ma senz'altro decente).

      Su Atari ST i giochi acquistano qualche punticino in più, considerando l'hardware inferiore (da cui, la maggiore rassegnazione da parte dei possessori di tale home computer, a non pretendere molto da una conversione da sala).

    • AlextheLioNet
      #11
      AlextheLioNet ha commentato
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      Originariamente inviato da AmigaMagic
      Che io ricordi, i floppy dell'Amiga potevano avere max 880KB di dati.

      Da appassionato degli home computer a 8 e 16bit e puntiglioso rompiscatole che sono , ci tengo a precisare che la versione Amiga di Forgotten Worlds non mostrava affatto dei livelli a 32 colori (quanto mi sarebbe piaciuto!), ma a 16, suddivisi a loro volta in 8 colori sul primo strato di parallasse e altri 8 sul secondo (questo era il limite stringente imposto dalla modalità Dual Playfield Hardware dei chipset OCS/ECS). L'unico elemento di gioco che beneficiava di ulteriori 16 colori ero lo sprite del protagonista (essendo che su Amiga gli sprite hardware usavano la seconda metà dei 32 registri colore disponibili). Ed il protagonista era l'unico sprite hardware presente nel gioco (a parte gli sprite hw usati per le indicazioni in sovraimpressione, come punteggio, soldi accumulati, energia residua, ecc.). Tutto il resto era realizzato tramite blitter objects disegnati sul primo playfield e, pertanto, potevano avere soltanto 8 miseri colori (che erano gli stessi del fondale in primo piano). Se ti domandi come faccia a sapere queste cose, beh, è semplice: ho usato il debugger integrato nel WinUAE per analizzare i registri hardware usati dal codice del gioco).

      In effetti, tecnicamente la tua affermazione non è del tutto errata, perché se ci mettessimo a contare i colori onscreen potremmo identificarne al max 32, ma soltanto perché lo sprite del protagonista e le scritte in sovraimpressione usano altri 16 colori distinti dai primi 16. Ma considerando che circa il 90% dell'area di gioco mostrava 8+8 colori (anzi, 7+8 dato che un colore del primo strato veniva sacrificato per "bucare" lo sfondo e mostrare lo strato sottostante), mi pare un po' esagerato dire che si trattava di un gioco a 32 colori...

      Relativamente ai livelli tagliati, io non giustifico affatto gli Arc Developments. Vorrei ricordare che un certo Turrican 2, gioco dotato di enormi livelli a scrolling multi-direzionale, boss giganteschi e grande varietà, stava su un singolo dischetto! E non credo che qualcuno si sia mai lamentato del numero di livelli di Turrican 2...

      Il trucco stava nel saper sapientemente disegnare delle tile che potessero essere riutilizzate il più possibile senza minare troppo la varietà estetica. Era ovvio che se pretendevo di replicare tutte le numerosissime tile della sala giochi (e stiamo parlando di un gioco super-massiccio della Capcom) non avrei mai potuto farci stare tutto in soli 2 dischetti... Bisognava giungere a dei compromessi "a regola d'arte" che non sacrificassero troppo la fedeltà visiva.

      Ad esempio, nella versione Megadrive di Forgotten Worlds si può notare un rifacimento estetico della grafica (da cui la differenza visiva rispetto alla sala giochi ed alla versione PC-Engine) proprio allo scopo di creare tile riutilizzabili. Grazie a questa sorta di "compressione artistica" operata da una persona in carne ed ossa, invece che da un algoritmo, la versione Megadrive riuscì a condensare in una piccola cartuccia di circa 500KB, 6 livelli di gioco (degli originali 8), laddove la versione Amiga/Atari ST ne aveva 4 (di cui alcuni anche abbastanza mutilati), nonostante i due dischetti (su Amiga 880KB*2 = 1760KB, ovvero, più del TRIPLO dello spazio utilizzabile dalla cartuccia Megadrive! ).

      Personalmente non ho mai apprezzato gli Arc Developments, quantomeno per i loro lavori su Amiga, sul quale realizzarono 3 conversioni, che io ricordi:

      1) Forgotten Worlds - Abominevole mutilazione dell'originale da sala. Era una dura gatta da pelare, d'accordo, ma si poteva fare molto di meglio.

      2) Dragon Breed - Sicuramente la migliore conversione degli Arc. Certo, un po' di menomazioni qua e là (alcuni nemici mancanti, svariati dettagli spariti, specie nei livelli più avanzati), ma sostanzialmente mi pare che almeno l'80% del gameplay originale ci fosse tutto. Sprite molto grossi e fluidi, così come lo scrolling multidirezionale in dual playfield. Peccato per alcune scelte cromatiche da pugno nell'occhio... Il dual playfield di Forgotten Worlds era più appagante per la vista.

      3) R-Type 2 - Questo qua forse aveva tutti i livelli dell'originale, ma era pieno di rallentamenti e, come se non bastasse, più andavi avanti nei livelli più la grafica diventava brutta. Molto meglio la conversione del primo ad opera dei Factor 5 (anch'essa non perfetta, ma senz'altro decente).

      Su Atari ST i giochi acquistano qualche punticino in più, considerando l'hardware inferiore (da cui, la maggiore rassegnazione da parte dei possessori di tale home computer, a non pretendere molto da una conversione da sala).

      Gran bella analisi! Fa davvero piacere leggere un commento tanto competente e mirato!

      Tengo a precisare, però, che questo articolo è essenzialmente dedicato alla versione Atari ST di Forgotten Worlds... per quanto preceduta, secondo me opportunamente, da un lungo preambolo dedicato al coin-op.
      In quanto review di un gioco per Atari ST scritto da un ex possessore di tale computer, è chiaro che il riferimento al porting per Amiga tende ad essere abbastanza cursorio e poco approfondito.

      E comunque...

      - per quanto riguarda le "misure" di 720K e 1,7 MB (1760K) riferiti alle versioni Atari ST e Amiga rispettivamente, non quantificano la taglia dei singoli dischetti, ma i rispettivi totali. In altre parole, Forgotten Worlds su ST è memorizzato in 2 dischetti da 360K (tot: 720K) e su Amiga in altrettanti dischi da 880K (tot: 1760K).
      Il limite di 360K dei dischi della versione ST è legato all'"infame" retrocompatibilità con i modelli single-sided, ovvero i 520ST. Possedevo un 1040ST, ma, almeno fino a 1990-91, ho dovuto sorbirmi non pochi floppy swap inutili a causa della mancata valorizzazione del drive double-sided in dotazione al mio computer.
      In ogni modo ti rigrazio di avermi fatto notare come la frase potesse dare adito ad equivoci. Per rendere il tutto più chiaro ho corretto così: "[...], lascia in ogni caso perplessi la scelta della U.S. Gold di limitare a soli due floppy disk le conversioni per home computer a 16 bit (per un totale di 720 kB -ST: 2X360- e 1,7 MB -Amiga: 2X880-) che, altrimenti, avrebbero potuto beneficiare di un numero maggiore di livelli. [...]"

      - per verificare che i colori a video di Forgotten Worlds su Amiga fossero almeno il doppio dei 16 della controparte Amiga, ho semplicemente salvato degli screenshots da WinUAE in formato PNG (formato che non altera la risoluzione e la "profondità cromatica" originale) e fatto contare i colori delle immagini così ottenute tramite la funzione "conteggio colori usati" di un lettore di immagini gratuito (XNView). Risultato: da 29 a 35 "colori unici" a video in screenshots ingame grabbati da tutti e quattro i livelli.
      Penso che possa bastare per avere un'ordine di grandezza... o almeno io me lo sono fatto bastare.
      Certo... se la recensione fosse stata dedicata nello specifico alla versione Amiga, sarebbe stato opportuno un approfondimento sulla falsariga di quanto hai scritto nel tuo interessantissimo commento.
      Ultima modifica di AlextheLioNet; 04-02-2014, 20:33.

    • AmigaMagic
      #12
      AmigaMagic ha commentato
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      Originariamente inviato da AlextheLioNet
      Gran bella analisi! Fa davvero piacere leggere un commento tanto competente e mirato!

      Tengo a precisare, però, che questo articolo è essenzialmente dedicato alla versione Atari ST di Forgotten Worlds... per quanto preceduta, secondo me opportunamente, da un lungo preambolo dedicato al coin-op.
      In quanto review di un gioco per Atari ST scritto da un ex possessore di tale computer, è chiaro che il riferimento al porting per Amiga tende ad essere abbastanza cursorio e poco approfondito.
      Chiaro... Grazie per il complimento! Anche a me è piaciuto leggere il tuo articolo, specie la parte relativa all'hardware CPS e derivati.

      - per quanto riguarda le "misure" di 720K e 1,7 MB (1760K) riferiti alle versioni Atari ST e Amiga rispettivamente, non quantificano la taglia dei singoli dischetti, ma i rispettivi totali. In altre parole, Forgotten Worlds su ST è memorizzato in 2 dischetti da 360K (tot: 720K) e su Amiga in altrettanti dischi da 880K (tot: 1760K).
      Perfetto, non avevo capito che avevi fatto il totale.

      [...]- per verificare che i colori a video di Forgotten Worlds su Amiga fossero almeno il doppio dei 16 della controparte Amiga, ho semplicemente salvato degli screenshots da WinUAE in formato PNG (formato che non altera la risoluzione e la "profondità cromatica" originale) e fatto contare i colori delle immagini così ottenute tramite la funzione "conteggio colori usati" di un lettore di immagini gratuito (XNView). Risultato: da 29 a 35 "colori unici" a video in screenshots ingame grabbati da tutti e quattro i livelli.
      Penso che possa bastare per avere un'ordine di grandezza... o almeno io me lo sono fatto bastare.
      Io, a volte, mi diverto a fare lo stesso con Irfanview, un veloce e leggerissimo visualizzatore di immagini freeware per Windows. Il metodo ti dice quanti colori fossero presenti in uno screenshot, ma nulla ti dice circa la specifica modalità grafica usata. Ad esempio, c'è grande differenza estetica fra 16 colori ottenuti da un dual-playfield hw 8+8, e 16 colori usabili liberamente per qualunque pixel dello schermo, sprite e fondali compresi. Un gioco in dual-playfield hw, infatti, su Amiga è quasi immediatamente riconoscibile, per via del massiccio uso del dithering (prendi un Chuck Rock qualsiasi, o il già citato Dragon Breed) o, talvolta, la quasi monocromia del fondale (non nel senso di bianco e nero, ma di presenza di una sola cromaticità o al massimo due), a causa della scarsa quantità di colori usabili per ognuno dei due layer. Se invece prendiamo un gioco come Gods, osserviamo che nonostante i registri colore usati fossero sempre soltanto 16, potendo essere distribuiti in maniera libera in tutto lo schermo, il livello di definizione grafica percepito era enormemente superiore.

      Se poi prendi uno screenshot da giochi come Lionheart, Jim Power o Robocod (sempre su Amiga), ti verranno fuori cifre vicine ai cento colori , nonostante i registri colore dell'Amiga siano 32... Tutte quelle sfumature in più venivano ottenute mediante variazioni cromatiche dei registri colore effettuate "a volo" dal copper (un importantissimo coprocessore dell'Amiga) ad ogni horzontal blank, cioè dopo aver disegnato ogni linea orizzontale di pixel (i programmatori più bravi riuscivano anche ad operare delle variazioni ogni 8 pixel nell'ambito del disegno di una stessa linea... Ma questa tecnica, più che per variare colori, veniva usata per superare il limite degli 8 sprite hardware per linea).

      Ad ogni modo, io ci ho fatto talmente l'occhio che me ne accorgo a volo quando un gioco Amiga usa delle modalità a 16 colori, 32 colori o 8+8 colori in dual playfield. Uso il debugger giusto per avere conferma. L'unico gioco che mi ha fregato è stato Turrican 2, che su Amiga, anche togliendo le sfumature nel background generate tramite copper, ho sempre pensato usasse una modalità a 32 colori, essendo che la grafica appariva più varia, vibrante e definita rispetto al predecessore, per poi scoprire col WinUAE che invece ne usava sempre 16 (eccellente lavoro del grafico, che è stato capace di ingannare i miei occhi!).

      P.S.: da qualche parte in cantina ho anche un Atari STE (non ricordo se 520 o 1040), oltre che un Amiga 500... Peccato che la macchina uscì abbastanza tardi e l'estensione blitter non fu usata praticamente da nessuno. In caso contrario avremmo avuto molte più conversioni di qualità, sia per Atari che per Amiga.
      Ultima modifica di AmigaMagic; 04-02-2014, 21:41.

    • AlextheLioNet
      #13
      AlextheLioNet ha commentato
      Modifica di un commento
      Originariamente inviato da AmigaMagic
      Il metodo ti dice quanti colori fossero presenti in uno screenshot, ma nulla ti dice circa la specifica modalità grafica usata. Ad esempio, c'è grande differenza estetica fra 16 colori ottenuti da un dual-playfield hw 8+8, e 16 colori usabili liberamente per qualunque pixel dello schermo, sprite e fondali compresi. Un gioco in dual-playfield hw, infatti, su Amiga è quasi immediatamente riconoscibile, per via del massiccio uso del dithering (prendi un Chuck Rock qualsiasi, o il già citato Dragon Breed) o, talvolta, la quasi monocromia del fondale (non nel senso di bianco e nero, ma di presenza di una sola cromaticità o al massimo due), a causa della scarsa quantità di colori usabili per ognuno dei due layer. Se invece prendiamo un gioco come Gods, osserviamo che nonostante i registri colore usati fossero sempre soltanto 16, potendo essere distribuiti in maniera libera in tutto lo schermo, il livello di definizione grafica percepito era enormemente superiore.

      Se poi prendi uno screenshot da giochi come Lionheart, Jim Power o Robocod (sempre su Amiga), ti verranno fuori cifre vicine ai cento colori , nonostante i registri colore dell'Amiga siano 32... Tutte quelle sfumature in più venivano ottenute mediante variazioni cromatiche dei registri colore effettuate "a volo" dal copper (un importantissimo coprocessore dell'Amiga) ad ogni horzontal blank, cioè dopo aver disegnato ogni linea orizzontale di pixel (i programmatori più bravi riuscivano anche ad operare delle variazioni ogni 8 pixel nell'ambito del disegno di una stessa linea... Ma questa tecnica, più che per variare colori, veniva usata per superare il limite degli 8 sprite hardware per linea).

      Ad ogni modo, io ci ho fatto talmente l'occhio che me ne accorgo a volo quando un gioco Amiga usa delle modalità a 16 colori, 32 colori o 8+8 colori in dual playfield. Uso il debugger giusto per avere conferma. L'unico gioco che mi ha fregato è stato Turrican 2, che su Amiga, anche togliendo le sfumature nel background generate tramite copper, ho sempre pensato usasse una modalità a 32 colori, essendo che la grafica appariva più varia, vibrante e definita rispetto al predecessore, per poi scoprire col WinUAE che invece ne usava sempre 16 (eccellente lavoro del grafico, che è stato capace di ingannare i miei occhi!).

      P.S.: da qualche parte in cantina ho anche un Atari STE (non ricordo se 520 o 1040), oltre che un Amiga 500... Peccato che la macchina uscì abbastanza tardi e l'estensione blitter non fu usata praticamente da nessuno. In caso contrario avremmo avuto molte più conversioni di qualità, sia per Atari che per Amiga.

      Vero! Il conteggio dei colori si limita semplicemente a dare un'idea di quanti colori venissero effettivamente utilizzati... e nulla più. Solo di recente ho approfondito un po' il discorso Dual Playfield ed Extra Half-Brite... per un articolo che parlava proprio degli Atari ST (ed STE: ovvero l'ST Enhanced... -"parzialmente amighizzato" - ) confrontandoli con gli Amiga OCS/ECS. Se ben valorizzato (e ho l'impressione che fosse tutt'altro che facile), l'Amiga classic, datato 1985 e firmato da un certo Jay Miner (non solo appunto "Padre dell'Amiga", ma anche designer del chip TIA in dotazione all'Atari VCS e co-progettista degli home computer Atari a 8-bit -che non a caso nell'architettura hanno diversi punti in comune con gli Amiga-) era in grado di tener testa e non di rado sopravanzare sul fronte audiovisivo degli hardware videoludici relativamente e significativamente più recenti come PCE, MD e persino SNES.
      Ultima modifica di AlextheLioNet; 05-02-2014, 03:03.

    • AmigaMagic
      #14
      AmigaMagic ha commentato
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      La modalità EHB (Extra Half-Brite) purtroppo è una di quelle modalità che fu usata rarissimamente... E dire che avrebbe permesso di avere delle bellissime ombre impiegando pochissime risorse! In effetti, che io ricordi, l'unico gioco Amiga di tipo arcade che usò l'EHB fu l'eccellente Fighting Spirit, fra l'altro creato da un team italiano! Lì l'EHB era usato appunto per disegnare le ombre al di sotto dei grossi sprite. Peccato per il fatto che tutta quella grafica a 32 colori richiedesse parecchio swapping e tempi di caricamento, perché si trattava di un gioco che non avrebbe sfigurato neanche in sala giochi (con quegli sprite in perfetto stile SNK)!

      Per il resto, conosco abbastanza bene l'hardware degli Amiga classici (OCS/ECS), ma non altrettanto bene quello di Megadrive, SNES e similari. So per certo, però, che il Megadrive, ad esempio, era un bel mostriciattolo, in termini di potenza bruta, in quanto poteva gestire senza problemi un dual-playfield hardware a 16+16 colori (cosa che l'Amiga poté fare solo qualche anno più tardi con il chipset AGA), aveva un potente motore di generazione tile e, soprattutto, la capacità di gestire fino a 80 sprite hardware a 16 colori (l'Amiga poteva avere max 8 sprite hardware a 4 colori o 4 a 16 colori). I colori per tiles e sprite erano selezionabili da 4 palette di 16 colori (impostati a partire da una tavolozza di 512). Questi numeri, in parole povere, si traducevano nella possibilità di poter muovere tanta tanta roba su schermo senza rallentamenti (è per questo che la stragrande maggioranza dei giochi x Megadrive viaggiavano fissi a 50/60fps anche nei momenti più concitati). Cosa da non sottovalutare, poi, è che il Megadrive aveva un hardware derivante da quello che SEGA usava per i suoi coin-op dell'epoca, ed era proprio "orientato" al gioco arcade, nel senso che era molto agevole da programmare per lo sviluppatore di platform e shoot'em up, laddove su Amiga, per cercare di "avvicinarti" a quel livello di dettaglio e performance, dovevi scervellarti come un pazzo per sfruttare ai limiti, ed in maniera perfettamente sincronizzata, 68000, Blitter, Copper e quei pochi sprite hardware che offriva il chipset (e che delusione scoprire che anche l'AGA era limitato ad 8 sprite hardware! Ma questa è un'altra storia...).

      Il SNES, da una rapida lettura delle specs, pare sia ancora più potente del Megadrive, quindi credo che con il povero Amiga non ci fosse proprio storia...

      In definitiva, non credo proprio che l'Amiga potesse seriamente tener testa alle console sopra citate, né tantomeno sopravanzarle, quantomeno per un uso come "macchina da gioco arcade". Mi piacerebbe leggere le argomentazioni di chi afferma il contrario...

    • AlextheLioNet
      #15
      AlextheLioNet ha commentato
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      Originariamente inviato da AmigaMagic
      In definitiva, non credo proprio che l'Amiga potesse seriamente tener testa alle console sopra citate, né tantomeno sopravanzarle, quantomeno per un uso come "macchina da gioco arcade". Mi piacerebbe leggere le argomentazioni di chi afferma il contrario...

      Io sono più possibilista a riguardo. Il Mega Drive è una bellissima console che adoro e possiedo ancora... ma questo non mi impedisce di considerarne i limiti, in particolare quelli che venivano già additati come tali anche nei primissimi anni '90. Il limite più severo è nei colori, visto che la tavolozza del 16-bit Sega ne conta solo 512 (su Amiga sono 4096) e che non se ne possono visualizzare più di 61 a video (su MD esiste una sorta di equivalente dell'EHB denominato Shadow/Highlight -il principio è lo stesso-, ma un conto è avvalersene con una palette di 4096 colori e un altro venire a patti con una tavolozza di 512). Gli sprite gestibili dal VDP del Mega Drive sono sì 80, ma con la limitazione di max 20 per scanline... cosa che in certi casi si traduceva in flickerii. Se confrontati al PCM chip Paula, poi, i chip audio del Mega Drive appartengono alle generazioni precedenti, essendo FM (Frequency Modulation synthesis -con un singolo canale utilizzabile per i campionamenti a 22 KHz-) e PSG (Programmable Sound Generator) chips. Per avere un chip audio superiore al PCM chip Paula (1985!) sarà necessario attendere il Neo Geo AES, l'add-on Mega CD, le MIDI card per PC e X68000, il Falcon 030 di Atari e schede sonore SoundBlaster (ad esempio la SB Pro).

      Secondo me gli Amiga OCS erano teoricamente già in grado di tenere testa alle console a 16-bit in quanto a qualità audiovisiva... se non superarle in certi casi. Ad esempio un gioco come Lionheart era impossibile da convertire fedelmente su Mega Drive (su SNES si poteva fare... ma con una risoluzione leggermente ridotta)... idem come sopra per Jim Power ed Agony... e per Shadow Fighters e Ruff 'n' Tumble... anche se quest'ultimo, se non vado errato, sacrifica qualcosa in termini di frame rate. In generale, però, era necessario uno know-how notevolissimo e quindi poco comune per ottenere questi risultati...

      In ogni modo si potrebbe aprire un topic ad hoc nel forum e parlarne... anche perchè quì, tecnicamente, saremmo OT

    • bostik
      #16
      bostik ha commentato
      Modifica di un commento
      ... bah ... io c'ho giocato per un anno intero sul c64 usando un monitor philips a fosfori verdi !
      all'epoca non mangiavo amaretti e quindi mi andava bene... ma oggi capisco benissimo la differenza tra giocarci su Amiga e giocarci sul MD.
      Su Amiga devi aspettare il caricamento del floppy

    • AlextheLioNet
      #17
      AlextheLioNet ha commentato
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      Originariamente inviato da bostik
      Su Amiga devi aspettare il caricamento del floppy
      Anche! ... e posso testimoniare che questo valeva anche per la versione Atari ST... che al tempo giocavo a colori su un vecchio Telefunken bombato. Anch'io sono passato dai fosfori verdi... ma nella generazione precedente, visto che per un po' ho usato un monitor così con il mio Atari 800XL

    • Gedeone de Infortunis
      #18
      Gedeone de Infortunis ha commentato
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      Originariamente inviato da AlextheLioNet
      Io sono più possibilista a riguardo. Il Mega Drive è una bellissima console che adoro e possiedo ancora... ma questo non mi impedisce di considerarne i limiti, in particolare quelli che venivano già additati come tali anche nei primissimi anni '90. Il limite più severo è nei colori, visto che la tavolozza del 16-bit Sega ne conta solo 512 (su Amiga sono 4096) e che non se ne possono visualizzare più di 61 a video (su MD esiste una sorta di equivalente dell'EHB denominato Shadow/Highlight -il principio è lo stesso-, ma un conto è avvalersene con una palette di 4096 colori e un altro venire a patti con una tavolozza di 512). Gli sprite gestibili dal VDP del Mega Drive sono sì 80, ma con la limitazione di max 20 per scanline... cosa che in certi casi si traduceva in flickerii. Se confrontati al PCM chip Paula, poi, i chip audio del Mega Drive appartengono alle generazioni precedenti, essendo FM (Frequency Modulation synthesis -con un singolo canale utilizzabile per i campionamenti a 22 KHz-) e PSG (Programmable Sound Generator) chips. Per avere un chip audio superiore al PCM chip Paula (1985!) sarà necessario attendere il Neo Geo AES, l'add-on Mega CD, le MIDI card per PC e X68000, il Falcon 030 di Atari e schede sonore SoundBlaster (ad esempio la SB Pro).

      Secondo me gli Amiga OCS erano teoricamente già in grado di tenere testa alle console a 16-bit in quanto a qualità audiovisiva... se non superarle in certi casi. Ad esempio un gioco come Lionheart era impossibile da convertire fedelmente su Mega Drive (su SNES si poteva fare... ma con una risoluzione leggermente ridotta)... idem come sopra per Jim Power ed Agony... e per Shadow Fighters e Ruff 'n' Tumble... anche se quest'ultimo, se non vado errato, sacrifica qualcosa in termini di frame rate. In generale, però, era necessario uno know-how notevolissimo e quindi poco comune per ottenere questi risultati...

      In ogni modo si potrebbe aprire un topic ad hoc nel forum e parlarne... anche perchè quì, tecnicamente, saremmo OT
      alex, non fa una piega quel che dici..tranne che il limite dei 20 sprites per scanline su Amiga era 8...vale a dire meno della metà. Il Paula di Amiga era potente, ma con solo 4 canali si creavano spesso situazioni in cui si era costretti a scegliere fra musica ed effetti sonori per evitare l'effetto alla Battle Squadron, di oscuramento di un canale. Penso anch'io che Lionheart fosse impossibile da replicare fedelmente su MD, ma vale lo stesso, ad es. per Streets of Rage 2 o Thunderforce IV su Amiga...ogni macchina, aveva i suoi punti di forza.
      Ultima modifica di Gedeone de Infortunis; 08-02-2014, 21:29.

    • AlextheLioNet
      #19
      AlextheLioNet ha commentato
      Modifica di un commento
      Originariamente inviato da Gedeone de Infortunis
      alex, non fa una piega quel che dici..tranne che il limite dei 20 sprites per scanline su Amiga era 8...vale a dire meno della metà. Il Paula di Amiga era potente, ma con solo 4 canali si creavano spesso situazioni in cui si era costretti a scegliere fra musica ed effetti sonori per evitare l'effetto alla Battle Squadron, di oscuramento di un canale. Penso anch'io che Lionheart fosse impossibile da replicare fedelmente su MD, ma vale lo stesso, ad es. per Streets of Rage 2 o Thunderforce IV su Amiga...ogni macchina, aveva i suoi punti di forza.
      Sì... su questo, almeno a grandi linee, sono d'accordo e comunque si sta semplicemente dibattendo su ipotesi Sarebbe stato comunque simpatico vedere AM7 / Ancient e Techno Soft al lavoro sulle versioni Amiga dei loro giochi (ovviamente utilizzando il multiplexing e i "Blitter Object" -BOb o BLOB-)... non escludo che non ne sarebbe saltato fuori qualcosa di sorprendente...
      Ultima modifica di AlextheLioNet; 08-02-2014, 23:30.

    • AmigaMagic
      #20
      AmigaMagic ha commentato
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      Originariamente inviato da AlextheLioNet
      Io sono più possibilista a riguardo. Il Mega Drive è una bellissima console che adoro e possiedo ancora... ma questo non mi impedisce di considerarne i limiti, in particolare quelli che venivano già additati come tali anche nei primissimi anni '90. Il limite più severo è nei colori, visto che la tavolozza del 16-bit Sega ne conta solo 512 (su Amiga sono 4096) e che non se ne possono visualizzare più di 61 a video (su MD esiste una sorta di equivalente dell'EHB denominato Shadow/Highlight -il principio è lo stesso-, ma un conto è avvalersene con una palette di 4096 colori e un altro venire a patti con una tavolozza di 512). Gli sprite gestibili dal VDP del Mega Drive sono sì 80, ma con la limitazione di max 20 per scanline... cosa che in certi casi si traduceva in flickerii.
      Le obiezioni che hai posto vanno benissimo se stessimo parlando di un uso generico "da computer"... Ma per un uso prettamente videogiochistico di stampo arcade, credo non ci siano dubbi sul fatto che poter gestire una grandissima quantità di sprite hardware fosse assolutamente "prioritario" rispetto ad avere una palette di 4096 colori. Così come era prioritaria la possibilità di avere un dual playfield a 16+16 colori, invece di quell'orribile 8+8 dell'Amiga OCS/ECS, che costringeva il povero grafico a fare i salti mortali, rinunciare a tante cromaticità e/o ad operare un massiccio lavoro di dithering (le famigerate retinature di pixel) per simulare le sfumature mancanti.
      Inoltre, se non vado errato, il Megadrive aveva un motore hardware di generazione tile capace di ridisegnare tutte le tile di entrambi i playfield ad ogni 60mo di secondo. Tutto questo, da un punto di vista, ripeto, strettamente legato alla produzione di giochi arcade di qualità molto prossima ai coin-op, era più importante che avere una tavolozza di 4096 colori.

      Per quanto riguarda il limite di 20 sprite per scanline del MD, beh, sarebbe stato "ORO" su Amiga, visto che aveva un limite molto più stringente di 4 sprite per scanline a 16 colori (o 8 sprite a 4 colori).
      In pratica, su Amiga, gli sprite hw erano talmente limitati (come numero) che alla fine li si usava soltanto per lo sprite principale ed, eventualmente, per i colpi sparati dalla sua arma (essendo che sparivano in fretta dallo schermo e nessuno ci avrebbe fatto caso se flickeravano). Molti addirittura rinunciavano completamente ad essi, preferendo fare tutto con i BOB. Altri ancora li usavano in maniera totalmente diversa da quel per cui erano stati concepiti: simulare un ulteriore playfield a 16 colori mediante la tecnica degli sprite clonati dal copper (come faceva Jim Power per il terzo strato di parallasse in fondo).

      Se confrontati al PCM chip Paula, poi, i chip audio del Mega Drive appartengono alle generazioni precedenti, essendo FM (Frequency Modulation synthesis -con un singolo canale utilizzabile per i campionamenti a 22 KHz-) e PSG (Programmable Sound Generator) chips. Per avere un chip audio superiore al PCM chip Paula (1985!) sarà necessario attendere il Neo Geo AES, l'add-on Mega CD, le MIDI card per PC e X68000, il Falcon 030 di Atari e schede sonore SoundBlaster (ad esempio la SB Pro).
      Sul sonoro sono d'accordo con te. L'Amiga ha dettato legge per tantissimi anni, al punto che spesso i giochi arcade convertiti su Amiga avevano un sonoro migliore dell'originale. Peccato però che le conversioni in sé, a parte la musica, erano per lo più porting diretti da Atari ST. Il synth del Megadrive generava un sound piuttosto metallico, ma il SNES mi pare di ricordare che fosse ai livelli dell'Amiga, ma con più canali audio a disposizione.

      Secondo me gli Amiga OCS erano teoricamente già in grado di tenere testa alle console a 16-bit in quanto a qualità audiovisiva... se non superarle in certi casi. Ad esempio un gioco come Lionheart era impossibile da convertire fedelmente su Mega Drive (su SNES si poteva fare... ma con una risoluzione leggermente ridotta)... idem come sopra per Jim Power ed Agony... e per Shadow Fighters e Ruff 'n' Tumble... anche se quest'ultimo, se non vado errato, sacrifica qualcosa in termini di frame rate. In generale, però, era necessario uno know-how notevolissimo e quindi poco comune per ottenere questi risultati...
      I giochi che hai citato sono degli ottimi esempi di sfruttamento dell'Amiga (e per Lionheart e Agony, direi anche degli ottimi lavori "artistici"), ma costituiscono paradossalmente anche degli ottimi esempi dei suoi limiti. Senza entrare nel merito di ognuno di essi, direi che sostanzialmente uno dei limiti principali era dato dalla scarsezza cromatica del dual playfield hardware su Amiga. 8 colori per layer erano davvero troppo pochi per garantire una vera qualità arcade. Lionheart e Jim Power usavano dei trucchi che, nel primo caso, erano possibili soltanto grazie allo stile gotico/dark della grafica, che ben si prestava alla quasi-monocromia di nemici e background in primo piano, nel secondo, grazie al fatto di non dover mai scrollare verticalmente lo schermo. Ruff'n'Tumble era afflitto da uno scrolling traballante che a lungo andare mi provocava mal di testa, per cui non ci ho mai potuto giocare per oltre 15 minuti di fila. Ma in questo caso, più che un limite dell'Amiga, si trattava di routine di scrolling poco efficaci. Si poteva fare senz'altro di meglio.
      Il secondo limite (per me ancor più grave degli 8 colori per strato del dual-playfield) dell'Amiga era il già citato scarso numero di sprite hardware. Se l'Amiga avesse avuto almeno 16 sprite hw a 16 colori, il blitter avrebbe avuto molta più banda a disposizione per muovere più oggetti, animare le tile del fondale, avere un gioco in full-screen (laddove molti giochi riducevano l'area di gioco, causa esaurimento della banda a disposizione del blitter), ecc.

      In ogni modo si potrebbe aprire un topic ad hoc nel forum e parlarne... anche perchè quì, tecnicamente, saremmo OT
      Se lo apri, ti seguo a ruota. Volevo dire molte più cose, ma mi sono "limitato".

    • Gedeone de Infortunis
      #21
      Gedeone de Infortunis ha commentato
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      Lasciatemi aggiungere che Lionheart, per quanto magnifico ha i suoi limiti...il primo livello (quello ultraparallattico) rallenta in maniera visibile con 3 (!!!) nemici su schermo...nei livelli (tipo il secondo) in cui non c'è parallasse ma solo il copper a far da cielo i nemici su schermo "stranamente" sono di più, e senza slowdown.

    • Gedeone de Infortunis
      #22
      Gedeone de Infortunis ha commentato
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      Originariamente inviato da AlextheLioNet
      Sì... su questo, almeno a grandi linee, sono d'accordo e comunque si sta semplicemente dibattendo su ipotesi Sarebbe stato comunque simpatico vedere AM7 / Ancient e Techno Soft al lavoro sulle versioni Amiga dei loro giochi (ovviamente utilizzando il multiplexing e i "Blitter Object" -BOb o BLOB-)... non escludo che non ne sarebbe saltato fuori qualcosa di sorprendente...
      non lo escludo anch'io a priori, ma con i BOB dell'amiga si era ENORMEMENTE vincolati sul piano dei colori. Thunderforce IV mi sembra decisamente troppa roba per l'Amiga (ma anche Streets of Rage 2, non è un caso che non esistano corrispettivi paragonabili su Amiga, a parte il discreto Double Dragon 2), come Lionheart su MD, troppi colori su schermo, e sonoro orchestrale duro da digerire per il YM2612. Amiga e Megadrive sono due architetture diverse per quanto paragonabili perchè appartenenti alla stessa generazione, ma quando si toccano i limiti di una delle due vengono fuori delle cose difficilmente replicabili sull'altra.

    • AlextheLioNet
      #23
      AlextheLioNet ha commentato
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      Originariamente inviato da AmigaMagic
      Se lo apri, ti seguo a ruota. Volevo dire molte più cose, ma mi sono "limitato".

      Aperto... possiamo proseguire quì :

      https://www.retrogaminghistory.com/sh...nsole-a-16-bit

    • AmigaMagic
      #24
      AmigaMagic ha commentato
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      Originariamente inviato da Gedeone de Infortunis
      Lasciatemi aggiungere che Lionheart, per quanto magnifico ha i suoi limiti...il primo livello (quello ultraparallattico) rallenta in maniera visibile con 3 (!!!) nemici su schermo...nei livelli (tipo il secondo) in cui non c'è parallasse ma solo il copper a far da cielo i nemici su schermo "stranamente" sono di più, e senza slowdown.
      Esatto, perché, come da Amiga Hardware Reference Manual, il copper ha priorità rispetto a blitter (che a sua volta ha priorità rispetto a CPU). Di conseguenza, più effetti realizzavi col copper, meno cicli di clock ti rimanevano per il blitter (e ancor meno per la CPU).
      Nel primo livello di Lionheart già è un mezzo miracolo che siano riusciti a creare un platform a scrolling multidirezionale con tutte quelle variazioni cromatiche e di offset register generate dal copper. Se ci fai caso, su un A1200 non rallenta, perché quest'ultimo aveva un bus dotato di maggiore bandwidth.
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