Fra tutte, la versione Megadrive è come prevedibile quella più fedele alla sua controparte arcade, esclusa naturalmente la possibilità di giocare in tre in contemporanea. Per ovviare a questa mancanza, gli sviluppatori hanno deciso di prendere nuovamente spunto da Golden Axe e inserire una modalità aggiuntiva presente nelle versioni casalinghe del suddetto gioco, “The Duel”, ovvero una serie infinita di scontri uno contro uno o con i vari avversari del gioco, senza possibilità di mettere in pausa o recuperare energia. Inutile dire che quest’aggiunta lascia un po’ il tempo che trova, ma se non altro gli sviluppatori hanno deciso di aumentare la non elevata longevità del titolo portando da 6 a 8 le missioni da affrontare nella modalità principale. Grafica e sonoro non sfigurano a confronto della versione arcade, che comunque non segnava chissà quali standard elevati; va segnalata la tipica tendenza dei giochi del periodo a ricorrere un po’ troppo spesso all’utilizzo di sprite ricolorati, nonché l’assenza di qualunque tipo di animazione nei fondali e negli elementi di contorno.
A differenza di Golden Axe, il tono generale di AS è tutt’altro che epico e serioso: del resto come prendere sul serio un gioco in cui veniamo assaliti da alieni camuffati da vasi, bidoni e cassette della posta? Gli esseri spaziali sono talmente deformi e grotteschi da risultare quasi buffi e comici (segnalo che il design delle creature ricorda molto quello di un precedente e quasi omonimo titolo di Sega, Alien Syndrome… non ho idea se esista un qualche collegamento), e gli stessi protagonisti sembrano provenire da qualche B-movie da quattro soldi. Andiamo dunque a conoscerli: c’è Gordon il palestrato, dotato di un’arma al plasma che sembra una parabola montata su un irrigatore per i campi e come attacco speciale può richiamare un bombardamento a tappeto; abbiamo poi Karla, una ragazza atletica armata di lanciafiamme la cui mossa speciale è un enorme missile; infine Scooter il robot, che, oltre ad avere un nome idiota e sembrare un incrocio tra Gundam e C3PO, ha gusti sado-masochisti… infatti combatte con una frusta elettrica e il suo attacco speciale è la capacità di autodistruggersi, almeno per quanto riguarda la versione MD!
Per quanto riguarda il gameplay, esso segna un piccolo passo indietro rispetto a GA: non avremo mai la possibilità di adoperare cavalcature o altri mezzi di trasporto, e dovremo limitarci a usare sempre le stesse armi dall’inizio alla fine dell’avventura. I nostri eroi hanno a disposizione un numero limitato di mosse, da eseguire con semplici combinazioni dei pulsanti direzionali e di attacco: ordinaria amministrazione, insomma. Per ravvivare un po’ le cose, i designer hanno deciso di inserire al termine di ogni livello delle brevi fasi in cui il gameplay varia. In due casi, lo scrolling del livello diverrà automatico e velocissimo e i nostri eroi si metteranno a correre per inseguire i vari esseri che per l’occasione si sono fatti crescere ali membranose o zampette da ragno; in tutti gli altri, invece, entreremo in negozi, laboratori e ambienti vari, con il genere di gioco che cambierà completamente, diventando uno sparatutto in prima persona. Non fatevi ingannare da questa descrizione, però: si tratta poco più che di un tiro al bersaglio, con il fondale che scrolla in automatico e gli alieni che ogni tanto fanno capolino da dietro scaffali e oggetti vari. Queste sezioni hanno comunque anche un’altra utilità, quella di farci recuperare un po’ di energia per l’attacco speciale, semplicemente devastando qualunque cosa ci si pari davanti nella speranza che saltino fuori delle capsule energetiche o qualche rarissimo medikit (meno male che in questi casi gli eroi sembrano sempre avere una polizza assicurativa multi-milionaria…).
In definitiva: Sega è riuscita a replicare il successo di Golden Axe? Beh, il fatto stesso che la “Tempesta di alieni” non sia mai riuscita a divenire un franchise è indicativo. Sarà che l’idiozia (voluta e ricercata, beninteso) di queste creature mutanti non può competere con draghi e cavalieri, sarà che le ambientazioni dei livelli e gli eroi stessi sono decisamente anonimi, sarà che le sezioni sparatutto mal si amalgamano con il resto del gioco, sarà che le musiche anziché esaltare rimbambiscono il giocatore (per non parlare delle grida di terrore mal digitalizzate dei civili in fuga), sarà tutto quel che volete, ma Alien Storm non è invecchiato tanto bene quanto l’epica barbarica dell’Ascia d’Oro. Come indicato prima, le parti sparatutto sembrano più dei sotto-giochi che parte integrante dell’avventura, e anche le altre modifiche nello schema di gioco poco fanno per allontanare la monotonia che prima o poi interviene. Non aspettatevi di fare molte partite una volta sconfitto il capo degli extraterrestri.
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