Nell’ormai lontano 1991, i vertici SEGA si devono essere accorti che al loro gioiellino 8 bit mancava un gioco simile a Zelda e hanno, probabilmente, pensato di creare un gioco molto molto simile al capolavoro Nintendo.
La storia è la seguente: una combriccola di esseri malvagi guidati dal temibile Death Adder ha conquistato con la forza ogni cosa, ha diffuso il terrore e, per finire, si è impossessato di nove importanti cristalli. Questi oggetti preziosi tenevano lontano il “male”.
Il solo modo per battere questo tremendo gigante è ritrovare i nove cristalli, ciascuno nascosto in un labirinto, e l’ascia d’oro, l’unica arma che possa uccidere il caro Death Adder.
Ovviamente, voi impersonificherete l’unica persona che abbia accettato di sfidare il cattivo più cattivo di tutti.
Analizziamo Golden Axe Warrior in dettaglio.
Lungo una vasta mappa di gioco, strutturata a schermate fisse, dovremo andare alla ricerca dei già menzionati cristalli e della Golden Axe. Con una visuale dall’alto attraverseremo foreste, montagne,deserti, villaggi, rovine e ovviamente simpatici dungeon pieni di puzzle da risolvere. Nei villaggi è possibile ricevere qualche consiglio, comprare interessanti oggetti, dormire per recuperare l’energia e salvare la partita (esatto! Niente password! Qui si può salvare con la batteria tampone contenuta nella cartuccia).
Il gioco possiede nemici di vario tipo ben caratterizzati tra cui possiamo trovare, ad esempio, i vari globus, hornet, bushbeast, skull, snoutman e altri, i quali sono, solitamente, caratterizzati dal colore nel seguente modo: verdi - i più deboli, blu - medi, rossi - i più forti.
Le armi sono essenzialmente spade e asce. Le spade fungono solo da oggetti offensivi mentre le asce possono tagliare alberi e liberare passaggi. Come di consueto, troviamo anche scudi e armature dai differenti “effetti” e capacità difensive.
Non potevano mancare oggetti dalle differenti funzionalità tra cui: la piuma magica (vi trasporta dove avete salvato l’ultima volta), l’olio magico, la mela d’oro, la campana di ghiaccio, le canoe (attraversare corsi d’acqua) e altri. Un inventario ben assortito al quale aggiungiamo le classiche chiavi, il cibo (per aumentare l’energia), le speed shoes (per la velocità), la corda magica (arrampicarsi), la torcia (illumina le stanze buie) e, insomma, di tutto di più.
Come moneta questa avventura utilizza dei corni che possono essere gialli (valgono 1) o blu (valgono 5).
Per finire troviamo i classici cuori che aumentano la riserva di energia massima e delle magie tutte di tipo “attacco”, tranne una che serve per curare il nostro eroe.
Lungo il viaggio si possono incontrare alcune vecchie conoscenze che derivano dal primo Golden Axe: le tre magie che ogni amante della saga dovrebbe conoscere (fulmine,fuoco,terra), il nano, l’amazzone e pochi altri. Anche tra i nemici ci sono alcuni cimeli famosi (oltre a Death Adder) come, ad esempio, il gigante con il martello e gli scheletri.
La grafica è carina, tondeggiante, molto colorata e dettagliata. Gli effetti sonori svolgono il loro dovere e le varie “musichette” offrono un buon accompagnamento ma non riescono ad eguagliare gli altissimi livelli (sia tecnici che artistici) raggiunti dal gioco Golvellius. I controlli rispondono bene e il movimento dello sprite principale è veloce e fluido, peccato che si possa avanzare solamente verticalmente o orizzontalmente: Golden Axe Warrior non contempla movimenti in obliquo.
La struttura dei dungeon e di tutta la mappa principale è studiata alla perfezione e gli scontri con i nemici, seppur minati dalla limitatezza dei movimenti, sono ben resi.
Senza ombra di dubbio questo titolo è un capolavoro!
Ora, torniamo per un attimo alla somiglianza con il primo capitolo di Zelda: beh, direi che è lampante, è sufficiente che il lettore vada a guardare le foto presenti nella recensione. Certo qui abbiamo uno stile grafico e sonoro diverso, ma il gameplay è strutturato in modo analogo: si perlustrano ampie zone, si uccidono nemici, si raccolgono oggetti utili e si scovano dungeon alla cui fine vi è sempre un boss incavolato nero.
Su Master System è presente anche un altro gioco che “imita” un grande capolavoro, il gioco è Master of Darkness. Come ho scritto nella recensione di quel titolo, a mio avviso, il fatto che un titolo assomigli in maniera evidente ad un altro non pregiudica automaticamente il suo valore. E questa affermazione vale anche per l’action/RPG qui recensito. Un grandissimo videogame poco conosciuto ma di grande valore, lo sconsiglio solamente a chi proprio detesta questo genere di giochi.
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