Nel prequel vennero gettate le basi del picchiaduro moderno a incontri. Queste fondamenta, come ha giustamente sottolineato il buon Epikall nella sua analisi del primo Street Fighter, equivalevano in sostanza ad una maggiore cura nei confronti dei personaggi sia in termini ludici, dotando ciascuno di un attacco personale ma soprattutto di una mossa speciale, sia in termini prettamente formali, donandogli una nazionalità ed un determinato stage. Con Street Fighter II tutti questi elementi vennero nettamente migliorati con risultati devastanti in termini di appeal nei confronti del pubblico. Il mercato delle sale giochi fu infatti quasi completamente mangiato dal titolo Capcom che divenne in pochissimo tempo forse il titolo arcade più diffuso al mondo. Questo successo causò un’autentica pazzia da parte dei fan: file di giocatori davanti al cabinato, un sacco di gente che era pronta a darti i consigli più disparati su come battere questo o quell’avversario, gente che semplicemente se ne stava lì accalcata attorno a te anche solo per osservare mentre eri impegnato in una partita.
A cosa fu dovuto quindi un tale successo? La prima cosa che balza all’occhio, mettendoci nei panni dei giocatori dell’epoca (e ciò non sarà difficile), è una giocabilità assai profonda rispetto ai precedenti fighting game. Yoshiki Okamoto e il suo team, rispetto al primo Street Fighter, introdussero un ulteriore ampliamento degli attacchi basati su sei tasti di cui tre corrispondevano a pugni di potenza crescente e i restanti tre ai calci. Ogni personaggio fu dotato così di più
Dopo questa ampia parentesi storiografica passiamo alla recensione vera e propria. Un anno dopo Street Fighter II è inutile dire che dilagò l’esplosione delle conversioni casalinghe. Quella per Super Nintendo è probabilmente la più nota, oltre che per la fedeltà, anche per l’aver fatto impennare con la sua sola presenza le vendite del 16 bit della casa di Kyoto. Diversamente dal mio solito partirei con l’affrontare il discorso grafico: siamo praticamente su livelli strepitosi considerando quanto distava in capacità una cartuccia per Super Nintendo (16 Megabit) rispetto alla massiccia versione da bar. I personaggi appaiono logicamente ridotti in dimensione ma il livello di dettaglio rimane veramente alto e apparentemente identico all’originale. Stesso discorso per la palette di colori e le animazioni le quali, se non sono fedeli al 100%, poco ci manca. Pregevolissima poi la fluidità con cui si muove il tutto. Non si avverte alcun rallentamento nonostante una pavimentazione degli stage che si muove in parallasse. Mantenuto intatto il sistema di collisioni la cui prontezza e rapidità, mischiate alla puntualità della risposta dei comandi, riesce a garantire un ritmo di gioco appagante e sostenuto.
Visivamente SF II è un grandissimo esempio di game design. Ritengo che ogni singolo tassello dell’architettura grafica di questo gioco si sia impresso nell’animo di tutti. Non so voi ma a distanza di anni, nonostante si sia fatto di meglio in seguito, è ancora inalterata quella straordinaria armonia e vivacità con cui si presentano esteticamente sia i singoli personaggi che i rispettivi campi di battaglia. Guardando il titolo Capcom si ha sempre la percezione che in qualche modo tutti i tasti siano stati premuti esattamente nella maniera giusta, si percepisce un senso di perfezione che si può rintracciare sì e no in una manciata di altri lavori nella storia dell’intrattenimento elettronico. Il rosso del kimono di Ken, la vasca gocciolante di Honda, la polleria alle spalle di Chun-Li o gli elefanti di Dhalsim. Sembra che tutto ciò fosse da sempre nelle nostre fantasie di videogiocatori e che Capcom lo abbia tramutato in realtà senza deludere i gusti di nessuno. L’appagamento dell’occhio si aggiunge poi a quello delle orecchie con un campionario di effetti sonori e musiche passato negli annali e anch’esso impresso, per originalità e freschezza, nell’animo di chiunque. La colonna sonora è tanto stimolante quanto ipnotica. Ciascuna canzone rappresenta perfettamente lo spirito del combattente o il frangente di gioco per la quale è stata concepita ed anche in questa sede, parallelamente alla grafica, il senso di appagamento è totale. Sono passati ormai vent’anni eppure molte di queste melodie, se non tutte, sono ancora vivide nelle nostre teste pronte ad essere canticchiate in doccia a dimostrazione della bontà del lavoro del duo di compositori costituito da Yoko Shimomura e Isao Abe. Gli effetti sonori d’altro canto hanno segnato semplicemente un’epoca aiutati dall’accompagnamento di un parco mosse diventato leggendario.
Escludendo l’aspetto legato alla disparità qualitativa tra versione casalinga e originale non rimane che porsi il quesito decisivo ovvero capire se SF II può ancora dire la sua in quanto picchiaduro o se il passare del tempo lo ha inesorabilmente indebolito. La risposta è difficile prima di tutto per un motivo: questo è un titolo che è stato sviscerato, per non dire abusato, in ogni suo anfratto da milioni di persone tanto da assimilarne nel proprio patrimonio di videogiocatori tutti i personaggi, le rispettive vicende, mosse, stage e addirittura i singoli campionamenti sonori. Giocato oggi il lavoro Capcom mostra perciò il peso degli anni. Il livello di sfida si è inevitabilmente abbassato e, a meno che non ci troviamo in compagnia di un amico, è sicuramente diminuito quel minimo di componente strategica dato dall’affrontare un combattente rispetto ad un altro considerando che, appunto, sappiamo tutto di loro. Sia chiaro, questo succede in tutti i picchiaduro quando ne si diventa assidui fruitori, ma di acqua sotto i ponti ne è passata e nel frattempo lo stesso genere beat’em up si è evoluto raggiungendo vette ludiche più raffinate e aumentando in affollamento. Se settiamo il livello di difficoltà al massimo, questo gioco riesce ancora a fornire comunque delle piccole soddisfazioni dato che certi avversari riescono ancora a risultare assai coriacei: stiamo parlando di alcuni boss, Vega e Bison e di quei combattenti che alle volte vi chiuderanno ai margini dello stage lasciandovi spesso ad incassare impotenti e con poco tempo per ragionare sulle contromosse. Al contrario molti altri lottatori saranno purtroppo relativamente facili da battere.
“Il giorno che ti lascerò, tu, oltre a saper combattere, saprai prenderti cura di te stesso anche fuori dal ring, sono stato chiaro?” (Mickey a Rocky - Rocky V)
Altre immagini: