Possiedo Shenmue per Dreamcast ma non ho mai avuto il tempo di giocarlo, sorte comune alla gran parte dei titoli della mia collezione: ed allo stesso modo mi considero un grande estimatore del Dreamcast, pur avendolo utilizzato per pochissime ore, e senza nemmeno impazzire per Sega e le sue mascotte. Shenmue sembra aver condiviso il proprio destino con l'hardware che gli ha permesso di vivere sui nostri schermoni a tubo catodico: troppo ambizioso, troppo esigente, troppo romantico. E profondamente incompreso. Così come la sfortunata console presentava soluzioni tecnologiche originali ed innovative (il display con i minigiochi sulla Memory Card è semplicemente leggenda, per non parlare della connettività ad Internet... ed il raffreddamento ad acqua), allo stesso modo la saga di Shenmue era una specie di inedito romanzo popolare jap su console, uno sceneggiato all'orientale, una specie di fiction nella quale si mischiavano combattimenti e sentimenti, vendette, tradimenti, scoperte e Quick Time Events come se piovesse: tanta era la sacralità che sembrava circondare questo gioco, e la raffinatezza di alcuni suoi momenti (la ragazza con il gattino, nelle primissime fasi), che persino un'elementare semplificazione del gameplay, che ci faceva regredire ai tempi di Dragon's Lair, era vista dal popolino dei videogiocatori come una novità rivoluzionaria, ed un'aggiunta piuttosto che una sottrazione all'interattività. Shenmue intimoriva, per la sua estensione, e l'impegno in termini di ore/gioco e coinvolgimento emotivo che avrebbe richiesto. Per questo, forse, si perdonava un certo autocompiacimento nel riproporre i classici arcade di Yu Suzuki in emulazione (Hang On!), un'eccessiva affettazione dei dialoghi ed alcune fasi di gioco/combattimento che ricordo, dalle recensioni dell'epoca, inutilmente noiose e ripetitive. Il merito principale, per contro, può esser stato quello di aver saputo costruire un mondo pulsante e ricco di sfumature, un universo vivo e fatto di persone, di storie intime e sentimenti che sembravano autentici e credibili, tanta era la forza e l'espressività (rabbia, dolore) con la quale venivano tradotti su schermo. Prima degli scozzesi di Rockstar North, dal Giappone arrivava la rappresentazione di un mondo coerente, nel quale veniva lasciata al giocatore un'interessante libertà nell'assegnare più o meno peso a personaggi di contorno e minigiochi: un certo grado di free-roaming quindi, a cavallo tra Animal Crossing e Yakuza e Headhunter, non sempre ben gestito, al punto che spesso - sono ricordi di vecchie recensioni - il giocatore non sapeva cosa fare nè quale direzione prendere. Eppure quel "gioco 10 e lode" secondo me ci sta tutto, come un atto di amore e di fede che trascende la votazione pura e la competizione con altri titoli. Shenmue infatti è una di quelle pietre miliari, di quei punti fermi, fragili e maestosi e soli nella nostra memoria di videogiocatori passatelli, ai quali va reso l'onore delle armi: imperfetto ed a volte confuso, il giocone Sega va ricordato per il valore assoluto delle scelte artistiche, per la regia cinematografica e per la grandissima personalità che il suo creatore ha saputo infondere nei personaggi che ne popolano l'universo. P.S. Non vi sembra che Little Big Planet ricordi Mr. Robot per C64?