Ieri ho finalmente provato questo famoso Dear Esther di cui tanto si è parlato al momento della sua uscita su Steam poco tempo fa. Volevo condividere qui qualche impressione (non è una recensione, anche perchè recensire un gioco come questo non sarebbe la cosa più semplice, soprattutto per me che non faccio abitualmente recensioni...).
Io sono sempre stato affascinato dai videogiochi innovativi o inusuali per cui non potevo non provarlo, anche in virtù del prezzo onesto (6.99 euro). Ho deciso però di aspettare che venisse rilasciata la traduzione in italiano per comprarlo (avendo intenzione di non perdermi qualche sfumatura, trattandosi peraltro di un inglese tutt'altro che scolastico): cosa puntualmente avvenuta pochi giorni fa. Fra l'altro questa traduzione sta riscuotendo parecchie critiche per alcune scelte linguistiche azzardate come la "ò" accentata per "ho" e alcuni arcaismi un pò forzati ma si tratta di una scelta stilistica ben precisa dell'autore della traduzione, che può piacere o meno e che secondo alcuni ben si sposa con il lirismo e la poeticità di parole e ambientazioni. Il fatto è che, secondo me, la lettura ne esce un pò appesantita. Per non parlare del "sorcio" usato al posto di "mouse" nelle opzioni di gioco... Credo che lo riproverò in lingua originale per fare un confronto.
Così ieri sera mi sono ritagliato un'oretta abbondante per immergermi in questa esperienza (perchè il termine "gioco" è inappropriato in questo caso), rigorosamente a luci spente e munito di auricolari.
Dopo la schermata iniziale ci si trova sulla riva di un'isola non bene identificata nei panni di un uomo che legge probabilmente un pezzo di lettera (che inizia proprio con le parole "Dear Esther"). La visuale è in prima persona e gli unici controlli disponibili sono i tasti di movimento (i classici WASD). Col tasto sinistro del mouse si può effettuare un piccolo zoom della visuale. Tutto qui. Non è possibile correre, non è possibile saltare, nè tantomeno interagire con l'ambiente. Ciò che dovremo fare sarà "accompagnare" il percorso (abbastanza lineare) del protagonista all'interno dell'isola, ascoltare le sue parole e guardare il paesaggio. Si passerà per baite abbandonate, si incrocieranno alcuni relitti sulla riva, si entrerà in misteriose caverne e altro ancora che non rivelo. Non c'è traccia comunque di nemici da sconfiggere nè di trappole da evitare nè di enigmi da risolvere.
Come valutare Dear Esther alla luce di ciò? E' molto soggettivo. Io penso che possa lasciare indifferenti o coinvolgere a vari livelli a seconda dello stato d'animo, della sensibilità e dell'approccio dell'utente. E penso che alcuni possano rimanere spiazzati dalla totale asssenza di interattività che, sulle prime, può dare un senso quasi di frustrazione (ad es. quando si entra in un casolare e viene spontaneo cercare di raccogliere gli oggetti lì presenti, come in una qualsiasi avventura grafica, salvo poi scoprire che non si può ). Ma, una volta "ingoiata la pillola", si va avanti e poi si comprende che l'interattività, così come siamo abituati ad averla nei normali videogiochi, avrebbe forse distratto dai fini ultimi dell'opera. A questo punto viene naturale immergersi in quest'ambientazione così desolata e sperduta ma allo stesso tempo suggestiva: alcuni scorci sono meravigliosi da ammirare, grazie all'eccellente lavoro fatto sull'ormai vecchio ma sempre valido "Source engine" (quello di Half life 2 e di Portal, per intenderci) e del resto la grafica non poteva non essere curata a puntino, dato che ciò che si chiede al "giocatore" è soltanto guardare (e non toccare! Infatti l'interazione è assente, come dicevo prima). Inoltre viene facile, se predisposti in modo giusto, immedesimarsi con il tormentato stato d'animo del protagonista, di cui si possono solo vagamente intuire le vicende personali, dalle frammentarie lettere che legge e dai confusi pensieri che gli attraversano la mente. Io ho apprezzato questa vaghezza, perchè lascia molto spazio all'immaginazione e invoglia a ricostruire mentalmente, come se si stesse leggendo un romanzo, o, meglio ancora, una poesia. Si respira una sensazione di tristezza (mista ad altri sentimenti, come rabbia e frustrazione e altri ancora), e credo che chi ha vissuto in passato delle perdite può sentirsi molto coinvolto. Sono proprio queste, in fondo, le caratteristiche che lo distinguono dai videogiochi tradizionali e che lo rendono, a ben vedere, più simile a un racconto per immagini (o racconto multimediale, che dir si voglia), nonostante, è bene precisarlo, la quantità di testo sia limitata (l'autore, probabilmente, ha deciso di andare per sottrazione).
Quindi è evidente che risulta difficile valutare Dear Esther secondo i canoni tradizionali ma se proprio lo vogliamo fare dico: giocabilità praticamente nulla, longevità molto ridotta (poco più di un'ora per una "passata" ma pare che i frammenti di lettera che legge il protagonista e i suoi pensieri cambino, in parte, nelle successive partite, e questo fattore invoglia a riprovare daccapo), grafica e sonoro ottimi (rumori ambientali che diventano protagonisti, lasciando di tanto in tanto spazio a coinvolgenti brani musicali di diverso tipo in relazione alla locazione e al particolare momento che si sta vivendo).
In conclusione Dear Esther mi è sembrato un'esperienza non per tutti (o non per tutti i momenti), ma sicuramente non banale, e che chi va alla ricerca di qualcosa di diverso dovrebbe sicuramente provare, seppure per curiosità (e non è detto che ne rimanga soddisfatto, e i giudizi contrastanti di chi l'ha provato lo dimostrano). A questo punto mi chiedo se segnerà l'inizio di un nuovo genere o se resterà un esperimento isolato.
Voi l'avete provato? mi piacerebbe sapere le vostre impressioni.


P.S. Questo è uno screenshot (fatto da me con il famoso tasto F12 di steam) che ritrae le barchette di carta lasciate dal protagonista sulla riva: molto suggestivo.
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