Belli, bellissimi i tempi degli 8 o 16-bit, quando ogni piattaforma la riconoscevi dagli screenshot del gioco, quando di ogni prodotto imparavi vita, morte e miracoli sulle preview delle riviste, fantasticando su come potesse essere dal vivo. Poi era ovvio ritrovarsi emozionatissimi nel poterlo giocare davvero.

A chi piacevano i videogiochi del tempo, però, ed in molti li consideravano molto distanti dalle proprie preferenze. Ci volevano a volte riflessi felini per arcade che ci mettevano KO in venti secondi, altre volte infinita pazienza per mapparsi i dungeon di un gioco di ruolo o per imparare i comandi di un simulatore di volo.

La rivoluzione della Playstation fu quella di allargare il pubblico, magari grazie ad una conquistata tridimensionalità e quindi spettacolarità, forse anche ad una difficoltà più "graduale" in virtù di giochi che non avevano più necessità di inondarci di nemici per essere longevi. Ed in questa direzione si è mosso il videogaming fino all'ultima, bizzarra generazione che va ormai divisa in due fasi.

La prima è quella che visto l'esplosione della Wii. In più di un senso, il mondo dei videogiochi è diventato più ricco: per la prima volta il pad si evolve e subentrano nuove forme d'intrattenimento, gradite o meno. Party, fitness e dance game invadono i negozi ma, soprattutto, vendono tanto. Ogni giocatore, anzi, ogni persona può trovare qualcosa pensata per lei, anche perché PS3 e X360 non restano a guardare ed offrono autentici capolavori, da Gears of War a Bioshock, da Mass Effect a Metal Gear Solid 4.

E' un inizio d'autore sia nel casual gaming che nel classic gaming, perché tutti puntano all'innovazione, chi nei controlli, chi nella tecnica, chi nelle meccaniche di gioco. E poi la crescita esponenziale del digital delivery che azzera i costi di distribuzione giustificando la rinascita di generi pressappoco estinti come il platform 2D, lo sparatutto o il beat'em up a scorrimento. C'è un gioco per tutti, e tutti puntano alla qualità.

Le cose vanno bene quasi per tutti: la Wii è terra di dominio del casual con sfortunate esperienze per diversi giochi "classici", tutto il contrario sulle altre macchine, ma va bene così, c'è un gioco ed una macchina per tutti.

La seconda fase di questa generazione vede i publisher mettersi alla ricerca non di videogiochi validi per ogni categoria di utente, ma di titoli capace di piacere a tutta la platea. Può funzionare?

In una certa maniera, sì. E' un dato di fatto che esistano i giochi per tutti, come esistono i film per la famiglia: Singstar, Buzz, Wii Sports sono alcuni esempi di successo. Non ha senso, invece, cercare di imporre ciò che nasce di nicchia al grande pubblico, perché si rischia di perdere i vecchi fan e di lasciare comunque indifferente gli altri. Purtroppo, è in questa direzione che si sta muovendo il mercato.

Alcuni esempi molto recenti ci vengono in aiuto: la straordinaria Bioware è stata tra le compagnie che più hanno rischiato quest'anno, raggiungendo risultati incredibili sia nei giudizi critici che nelle vendite. Prendiamo il loro Dragon Age, che ha fatto il botto con la prima uscita, vicinissima alle meccaniche non certo di facile assimilazione di Baldur's Gate, dall'elevata difficoltà e dai combattimenti lunghi. Con Dragon Age 2, il team ha voluto "ammorbidire" alcuni aspetti del gameplay, ma non perché criticati, solamente per spettacolarizzare il tutto e renderlo accessibile ai giocatori meno competenti. Il risultato sono state vendite all'incirca dimezzate e tanti cori di protesta.

Recentissimo l'altro esempio: Dead or Alive per 3DS. La Tecmo Koei aveva bisogno di allargare il bacino d'utenza, perché la console ha venduto poco e i possibili acquirenti sono quindi scarsi. Da qui alcune introduzioni come le combo automatiche da attivare tramite il touchscreen, più altre concessioni "casual". Risultato nelle classifiche? 30mila copie vendute al lancio, una miseria.

Dall'altra parte abbiamo The Witcher 2, stesso genere di Dragon Age 2, zero ammiccamenti alle semplificazioni di un gameplay vincente nella sua prima uscita. Il gioco ha straconvinto la critica ed i giocatori, in più ha venduto oltre 200mila copie al lancio, un miracolo considerando che al momento è un'esclusiva PC e che il piccolo publisher che lo distribuisce non ha esibito una promozione mastodontica.

A questo punto mi domando: abbiamo bisogno davvero dei videogiochi per tutti? O forse era meglio com'era solo poco fa, con un videogioco per ogni gusto? Tra l'altro sembra non convenga neanche alle softco...