Nella cartuccia di Atlantis no Nazo ("Il mistero di Atlantide") per Famicom mi sono imbattuto per caso il mese scorso, mentre rovistavo fra gli scaffali di un Book-Off di Shibuya (Tokyo). Non c'è niente di male in tutto ciò, anzi, sono fermamente convinto che siano proprio gli incontri casuali, inattesi, imprevisti, a dare sapore alla vita. Quale tipo di sapore mi abbia lasciato questo incontro specifico, però, lo vedremo più avanti.
Non avevo mai sentito parlare di questo gioco, un po' perché non rientra fra gli argomenti più gettonati dai retrogiocatori nei vari forum e siti, un po' perché la mia conoscenza della ludoteca Famicom non era - e non è tuttora - così approfondita. Due elementi però mi hanno spinto ad acquistare la cartuccia: il prezzo abbordabile (dell'ordine dei 300 yen, se non ricordo male), e soprattutto il marchio Sunsoft stampato a caratteri cubitali. Venivo infatti da mesi piacevolmente trascorsi in compagnia di Journey to Silius, Batman e Blaster Master, e la prospettiva di trovarmi in possesso di un'ulteriore creazione a 8 bit di questa compagnia, fra le mie favorite, mi allettava non poco.
Certo non era ragionevole aspettarsi la stessa qualità di questi capolavori, essendo Atlantis no Nazo uscito molto prima, nel lontano 1986. Ci vuole tempo, si sa, per imparare a trarre i risultati migliori da un hardware relativamente nuovo, e gli anni migliori del Famicom, così come della Sunsoft, dovevano ancora venire. Del resto, lo stesso genere dei platform a scorrimento orizzontale era agli albori e aveva bisogno di perfezionarsi. Il rivoluzionario Super Mario Bros., di cui abbiamo celebrato pochi giorni fa il trentennale, era infatti apparso da appena un anno, ed è sulla scia del suo successo che Sunsoft ha deciso di dare alla luce Atlantis no Nazo. Questa volta, anziché un idraulico, impersoniamo un avventuriero di nome Wynn, diretto sulla misteriosa isola di Atlantide: qui, tanto per cambiare, lo aspetteranno le insidie più varie, disseminate in un centinaio di livelli.
Il modello a cui si ispira il titolo Sunsoft (con l'intenzione forse di superarlo?) è piuttosto evidente in certe aree, come la terza, dove troviamo pesci volanti che ricordano quelli già visti nel classico Nintendo, con la differenza non trascurabile che Mario poteva saltarci sopra ed avere la meglio, mentre qui il minimo contatto (con questi o con qualunque altro nemico) provoca una morte istantanea. Non che il nostro Wynn sia completamente inerme, anzi, si è portato dietro una bella scorta di candelotti di dinamite, che però, una volta lanciati, esplodono soltanto dopo alcuni secondi. Secondi preziosi, visto che, come del resto avveniva in Super Mario Bros., è previsto un limite di tempo, oltrepassato il quale si perde una vita.
Tuttavia, la novità più clamorosa è che ogni livello nasconde non soltanto forzieri (contenenti tesori di diverso valore, che concorreranno a determinare il nostro punteggio) ma anche uscite più o meno segrete. Più ancora che in Super Mario Bros. (ricordate la famosa camminata sul soffitto?), qui le warp zones non si contano. Non accontentatevi della prima porta che incontrate, e che spesso si limiterà a portarvi al livello successivo: se vi resta ancora un po' di tempo, non esitate a proseguire, e ne troverete un'altra che vi condurrà ben più lontano. Per esempio, vi stupirete nel trovarvi catapultati, in men che non si dica, dal livello 2 al livello 9, o dal livello 4 al livello 25. Non male, anche perché questo permette, eventualmente, di saltare a piè pari aree che non fossero di nostro gradimento. Questo meccanismo contribuisce peraltro ad accentuare il senso di varietà, in quanto, riaccendendo la console o ricominciando il gioco dopo un Game Over, ci si troverà probabilmente a seguire un percorso diverso da quello intrapreso nella partita precedente. Come se non bastasse, anche la posizione di certi nemici varia costantemente: ne avrete un esempio già nel primo livello, con quei falchi che a volte volano alti, a volte bassi, a volte distanti gli uni dagli altri, a volte appaiati...
Tutto questo fa sì che Atlantis no Nazo diventi un titolo coinvolgente e appassionante, anche se per poterne apprezzare appieno le qualità sono necessarie diverse sessioni di gioco. Al primo impatto, infatti, sono soprattutto i difetti ad emergere, primo fra tutti, un peccato capitale per un platform: la difficoltà nei salti. Una volta giunti al livello 10 (un tripudio di piattaforme sospese nel vuoto), si ha conferma di quanto si sospettava fin dal principio, e cioè che azioni banalissime in altri giochi, come lo stesso Super Mario Bros., si rivelano in Atlantis no Nazo inutilmente ostiche. Finché non si prende confidenza con la fisica di questo gioco, (tentare di) far atterrare il nostro eroe nel punto desiderato, senza farlo finire addosso ad un nemico o dritto in un burrone, sembra quasi una questione di fortuna. Paradossalmente, poi, i salti da una lunga distanza si rivelano quasi più facili di quelli da vicino, il che è assurdo.
D'altra parte, non è questa l'unica convenzione videoludica che Atlantis no Nazo non esita a sfidare. Appena approdati al livello 4, veniamo infatti colpiti dalla presenza copiosa di spine. Peccato che, come fa notare il bel sito TV Tropes (http://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.ph...AtlantisNoNazo), nonostante le apparenze, e nonostante le nostre abitudini di giocatori di Mario, Sonic, Mega Man & Co., si rivelino essere parte dello sfondo, e pertanto completamente innocue. Tanto rumore per nulla.
Vogliamo definirlo un titolo derivativo (ispirato da Super Mario Bros.) ma al tempo stesso anti-conformista? Adatto per chi ama la sfida, essendo più difficile di Mario, Atlantis no Nazo è anche valido dal punto di vista tecnico: considerando che risale al 1986, la grafica è decente, anche se non eccezionale, così come il sonoro, che presenta qualche motivetto carino, che finisce per entrare in testa, ma nulla di trascendentale (siamo lontani dalle vette raggiunte da Sunsoft con l'accompagnamento musicale di Batman, Blaster Master o anche Fester's Quest). Un altro punto a favore di questo gioco semi-sconosciuto potrebbe / dovrebbe essere la longevità, e non è per caso che uso il condizionale, in quanto le situazioni possibili sono due: o ci si appassiona e ci si motiva ad esplorare le aree più avanzate, nonostante il trauma iniziale dovuto ai movimenti - bizzarri - del nostro sprite; oppure, esasperati, si scaraventa per terra la cartuccia dopo i primi minuti di gioco, per poi abbandonarla definitivamente. La via di mezzo mi pare poco verosimile.
Qual è quindi il sapore che evocavo all'inizio? Probabilmente quello di un frutto acerbo, dotato di proprietà interessanti ma non sempre gradevole al palato. Così è Atlantis no Nazo: una scoperta per chi ama le rarità Japan-only, ma niente che gli utenti occidentali del NES, che non hanno mai conosciuto una release ufficiale di questo titolo, debbano rimpiangere.
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