È molto, molto meglio. Lo so che rischio di passare per amante della provocazione, o addirittura per eretico, dato che sto andando a toccare l'intoccabile e a colpire un pilastro universalmente riconosciuto, però il dubbio che Street Racer (Ubisoft, 1994) meritasse, molto più del primo Super Mario Kart, un posto nell'Olimpo dei titoli per Super Nintendo più validi e nelle varie Top 100 che si leggono on line si è insinuato in me già un mesetto fa, quando mi sono trovato a giocare ad entrambi, alternandoli. Ed è un dubbio che non ho certo coltivato a cuor leggero, visto il possente carico di nostalgia legato al mitico Super Mario Kart, con cui ho felicemente passato mesi e mesi, anni e anni della mia infanzia. D'altronde è stato emozionante, dopo tanto tempo, recuperare la cartuccia originale, inserirla nello slot del mio SNES e lasciarsi immergere ancora una volta, per qualche ora, nel suo mondo così intrigante e così nintendoso. Eppure...
Eppure sono sempre meno propenso ad accettare i limiti che nel primo Mario Kart (perlomeno in modalità giocatore singolo) sono evidenti e che i successivi episodi hanno per fortuna aggiustato. E non c'è nostalgia che tenga. Non sopporto più il fatto che i personaggi controllati dalla CPU seguano regole e comportamenti diversi dai nostri, che abbiano attacchi personalizzati (mentre noi siamo vincolati alla lotteria dei power up), che siano coalizzati contro di noi senza nemmeno lontanamente cercare di sorpassarsi gli uni gli altri, che la classifica sia quasi sempre decisa in partenza (salvo sorprese dell'ultimo minuto legate a gusci o bucce di banana volanti) e che quindi manchi il senso di competizione. Addirittura, quando uno dei personaggi destinato ad occupare una delle prime quattro posizioni viene rimpicciolito per effetto di un fungo defecato (perché questo sembra avvenire) da Toad o dalla principessa, quelli dietro rallentano clamorosamente, per paura di stravolgere la classifica. Oh, come on! Per non parlare del fatto che gli "ultimi della classe" vanno lenti come lumache e si lasciano tranquillamente distanziare, ma accelerano di colpo quando davanti ci siamo noi. È proprio ridicolo. Questo tipo di intelligenza artificiale, a cui non facevo caso da ragazzino, adesso mi infastidisce, tanto che spesso mi ritrovo a piazzare gusci o bucce di banana in posizioni tattiche solo per il gusto di animare la competizione - compito di cui non dovrebbe farsi carico il giocatore ma piuttosto il programmatore.
A Street Racer molti, pur ritenendolo globalmente inferiore al precedessore, hanno riconosciuto il merito di offrire numerose e innovative modalità di gioco, riferendosi alle opzioni "rumble" e "soccer", cioè l'autoscontro e il calcetto. Originali e creativi, indubbiamente, ma questi diversivi, per quanto mi riguarda, mi interessano poco: esaurita la curiosità iniziale, mi rifiondo sempre e comunque sulla modalità "championship" tradizionale. È qui, a mio parere, che Street Racer dà il meglio di sé rivelandosi avvincente e adrenalinico a livelli sconosciuti a Super Mario Kart (specialmente settando la difficoltà su "Crazy"). Stavolta si ha davvero l'impressione che tutti gareggino ad armi pari con l'ambizione di arrivare primi, anche se magari nella gara precedente si erano classificati all'ultimo posto. Non c'è quel senso di fatalità che fa sì che le sorti siano decise in partenza. Soprattutto, quello che vale per la CPU vale per il giocatore "umano", ed è sempre una sorpresa osservare le variazioni della classifica alla fine di ogni gara.
Come in quello della Nintendo, anche nel titolo della Ubisoft possiamo scegliere fra otto personaggi diversi, ognuno con le proprie caratteristiche di accelerazione, velocità e tenuta di strada e, soprattutto - ed è qui che viene il bello - con delle armi e degli attacchi specifici, visto che, facendo il verso a Street Fighter (naturalmente), è stata implementata una componente di combattimento. Botte da orbi con tre tipi di attacchi diversi: uno che consiste nel tirare cartoni a destra e a manca (tramite i tasti Left e Right), con l'ausilio di oggetti contundenti di varia natura; un attacco laterale che si attiva con il tasto A e uno frontale con il tasto X, anch'essi diversificati a seconda dei personaggi ma sempre molto creativi (si va dalle scariche elettriche ai campi magnetici, passando per attrezzi più o meno tribali, più o meno tamarri).
Si può però anche scegliere di disattivare le armi e/o le collisioni con gli avversari, affrontando così una gara più "pulita": caratteristica di Street Racer è infatti la possibilità di variare parametri di qualunque genere, dal numero di giri per corsa al volume della musica. Soprattutto, altra novità ben accetta, dalla schermata delle opzioni si può creare la propria "custom cup", che va ad aggiungersi alle classiche "bronze", "silver" e "gold": stavolta, saremo noi a decidere quanti e quali circuiti affrontare nel campionato e in quale ordine, selezionandoli fra quelli disponibili (una ventina, più quattro che, a quanto pare, si sbloccano ad un certo punto, come ho scoperto giusto ieri sera). Tutto questo contribuisce a rendere Street Racer un'esperienza sempre varia e sempre aperta a nuove possibilità.
Fino a questo punto, si potrebbe pensare che Street Racer sorpassi in tutto e per tutto il suo predecessore, uscito un paio d'anni prima. Purtroppo c'è un settore in cui quest'ultimo è inarrivabile, e mi riferisco al carisma dei personaggi. Per ragioni evidenti, basandosi su un franchise già affermato da lunga data e (quasi) universalmente acclamato, Super Mario Kart propone un cast a prova di bomba, che invece manca in Street Racer. Come in Street Fighter, i nostri otto personaggi sono rappresentativi di otto diversi Paesi: come riporta il manuale, che ho sotto mano in questo momento, Biff viene dagli USA, Helmut dalla Germania, Frank dalla Transilvania (ma non era Dracula quello?), Suzulu dall'Africa (!), Surf dall'Australia, Hodja dalla Turchia, Sumo-san dal Giappone (chi l'avrebbe mai detto) e Raphael dall'Italia (really?). Viene da chiedersi cosa abbiano in comune una biondona australiana in costume da bagno, un vecchietto ultracentenario, un africano con un dente d'oro e un enorme anello al naso e il mostro di Frankenstein. Assolutamente nulla. Ed è proprio questo il problema: ad un primo impatto si ha l'impressione di trovarsi davanti ad un'accozzaglia di personaggi poco ispirati, vuoi perché troppo stereotipati, vuoi perché banali (Biff e Raphael non mi dicono assolutamente nulla). Non nascondo che è stata questa impressione, che ho provato io stesso quando ho provato Street Racer per la prima volta, ad indurmi ad accantonarlo dopo poche partite e a bollarlo come scarsamente interessante. Mentre interessante lo è, eccome.
Diciamo che è solo questione di abitudine. Una volta superati i pregiudizi dovuti al confronto con Super Mario Kart (quei pensieri del tipo: "ha lo stesso feeling, più o meno lo stesso gameplay, ma sembra la brutta copia con un cast di personaggi sfigati fra cui scegliere"), resta soltanto il piacere che questo gioco sa offrire. Un piacere e un divertimento che possono anche essere molto duraturi, come nel mio caso, visto che, dopo due mesi di frequentazione assidua, non mi sono ancora stancato della creatività dei circuiti, delle musichette simpatiche e dei colori sfavillanti. E alla lunga, adesso, pure i personaggi mi risultano simpatici: tutti, tranne quei due, Biff e Raphael, che continuano a starmi indigesti e a cui riservo sempre qualche scarica elettrica ogni volta che provano ad avvicinarsi!
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