La natura commerciale dell’opera videoludica la lega a degli standard industriali necessari alla diffusione del prodotto, tra cui spesso l’appartenenza a generi già consolidati, in grado di essere subito riconosciuti dal pubblico. La facile accessibilità del titolo permette alla maggior parte degli utenti di avere gratificazioni immediate e divertimento, confermando quindi la bontà della produzione ed il raggiungimento dello scopo per cui essa è stata creata, ovvero “divertirsi con un prodotto di intrattenimento elettronico interattivo”. Il videogame è quindi destinato a restare confinato nel suo ambito ristretto di prodotto di consumo, con obiettivi e finalità dichiarate o si può evolvere ad uno status di opera artistica più elevata? Retrogaming History esplora oggi il complesso rapporto tra Arte e Videogioco, analizzandone i punti di contatto.
Oltre la settima arte
GTA, la libertà d’azione e di scelta
Fable e la terra di Albione
La rappresentazione fantastica di Fable, ambientato in una versione alternativa e fantasy della Gran Bretagna, è un titolo unico dal punto di vista della libertà lasciata al giocatore, che ha ottimi spunti anche sul rapporto tra arte e ludo.
La cosa più interessante del titolo Lionhead Studios è di poter far evolvere il personaggio sia come eroe che come malvagio, legando questo alle scelte del giocatore, in una apposita voce denominata “Personalità”. Le possibilità di interazione sono molto alte ed è permesso, durante il gioco, fare veramente tutto ciò che viene in mente. Albion è davvero un piccolo paese simulato digitalmente dove vivere e comportarsi da virtuoso o da vile, sarà solo nostra la decisione di essere nobili eroi o crudeli tiranni! Il combattuto equilibrio tra bene e male dipenderà sempre dalle nostre scelte, in questo risiede la grandezza artistica del titolo. L’introspezione psicologica di noi stessi, che ci porta a capire come ci comporteremmo per ottenere uno scopo, avendo la possibilità di raggiungerlo con entrambi i metodi, onesto o disonesto. Non a caso il progetto inziale nella mente del suo creatore, Peter Molyneux, si chiamava “Project Ego”.
L’arte di simulare la vita
Le emozioni che questo tipo di giochi sono capaci di generare sono spesso controverse, da un lato si percepisce la responsabilità di interi mondi e si gioisce quando si riesce a salvare la vita ad una delle proprie creature, dall’altro spesso l’onnipotenza dà alla testa, poiché, come sappiamo, “il potere assoluto corrompe in modo assoluto”. I god games sono un filone meno esplorato dagli sviluppatori giapponesi, ricordiamo ad esempio ActRaiser della Enix, che si avvicina molto alle simulazioni di vita, i “sim games”, in alcune sezioni. In questi giochi si gestiscono piccoli omini che vivono all’interno di un pc (Little Computer People), interi pianeti (SimEarth), singole città (Sim City), vite di persone virtuali, The Sims, eccetto il primo tutti rilasciati dalla Maxis, per finire con ospedali e parchi a tema (Theme Hospital e Theme Park, entrambi prodotti dalla Bullfrog). La paternità dei sim games è spesso attribuita a Will Wright, che però non considera le sue opere come dei veri e propri videogiochi, poiché il fatto di non avere un vero e proprio scopo e di essere degli strumenti di costruzione manipolabili dal giocatore li rende delle vere e proprie simulazioni. Questa concezione fa allontanare la tipologia simulativa ludica dal videogame classico, rendendola simile allo strumento artistico, dove ognuno può esprimersi come preferisce per imitare la vita reale. Wright ci ha dato i pennelli e la tela, ma adesso dipingere tocca a noi.
Rappresentazione del mondo, dai quadri a Second Life
Pari dignità dell’emozione reale e di quella virtuale
Quello che è più importante dei mondi virtuali, siano essi fenomeni come Second Life o i semplici videogiochi, è che essi sono in grado di dare emozioni. Questi sentimenti possono scaturire dalla fiaba raccontata agli sfavillotti in Super Mario Galaxy, da una storia intensa vista al cinema oppure da una serata trascorsa con degli amici su una spiaggia in una vacanza di un’estate passata. Quanti di noi ricordano bene City 17, evocativa ambientazione di Half Life, come un posto realmente visitato? E quanti non avrebbero problemi a dire: “nel 2000 sono stato in vacanza a Parigi, nel 2003 a Vice City”, la città immaginaria della serie GTA? Un paradosso certo, ma il cervello, a livello inconscio, considera sullo stesso piano i ricordi della realtà e quelli generati dal medium digitale. Un discorso simile per certi versi a quello di Total Recall, film di fantascienza del 1990, ispirato ad un racconto di Philip K. Dick, che gioca sul filo del rasoio tra memorie reali e ricordi “indotti”. Non è dunque importante la “fonte”, poiché il cervello non fa distinzione tra reale e virtuale, e trasmette l’emozione con i medesimi meccanismi mnemonici. E non è forse emozionare lo scopo ultimo dell’arte?
La ricerca della perfezione
Il limite insuperabile
La natura di gioco ed intrattenimento è l’input creatore del videogame ma, paradossalmente, è il suo stesso limite. Man mano che si avvicina ad essere arte, il gioco rischia di involvere verso la passività e di diventare quasi ermetico, fallendo quindi lo scopo principale per cui esso è stato creato: il divertimento interattivo. Un esempio cinematografico affine è la trasposizione del complesso libro del 1959 Naked Lunch di William Seward Burroughs, portato sullo schermo nel film “Il pasto nudo” dal visionario regista canadese David Cronenberg, sempre in bilico tra arte ed intrattenimento, come il protagonista del film che si trova sempre in bilico tra sogno e realtà.
Gli artisti ludici si trovano quindi spesso a dover scendere a compromessi, tra la loro visione artistica e la necessità che il videogame resti “gioco” e sia comunque fruibile da un vasto pubblico. Allo stesso modo, è il medium videoludico ad autolimitarsi, non sapendo ancora che direzione intraprendere. Tutto ciò anche a causa della continua corsa verso nuovi sistemi e nuove macchine, nella tipica evoluzione rapidissima del settore informatico. Mentre nascono nuove forme di interazione, gli artisti sono legati sempre ai mezzi attuali a disposizione e limitati spesso dalle motivazioni commerciali dei produttori di videogames.
Ispirazioni artistiche per il medium e suo superamento
La visione dell’artista, dal mondo psichedelico ai paesaggi bucolici
La rivoluzione pacifista di Pac-Man
Colonne sonore ludiche, quando la musica va dritta al cuore
I videogiochi dedicati alla produzione artistica
Natura individuale e critica istituzionale
La stampa generalista e le istituzioni stesse si sono da poco accorte della potenzialità del medium videoludico, ma essendo appena tre decadi che il videogioco ha iniziato il suo cammino, il suo destino è ancora tutto da decidere. Oltretutto bisogna considerare la natura totalmente individuale del videogame. Benché nato per le sale giochi pubbliche, è divenuto un prodotto individuale da utilizzare nell’intimità delle mura domestiche. Questo, per la critica istituzionale può essere un limite, ma è senza dubbio la giovane età del medium a portare le maggiori remore, al donargli la dignità artistica che merita.
Conclusioni
Un videogioco quindi può essere arte o può restare semplicemente intrattenimento. Nel momento in cui riesce ad emozionarci e a toccare i nostri sentimenti, non importa con quali mezzi, diventa arte. Ogni stimolo che riesce a darci, ogni ricordo che lascia nella nostra mente, ogni storia che riesce a raccontarci, quello è arte. Nel caso in cui invece il videogame non si preoccupi altro che di essere funzionale al divertimento e si comporti da puro prodotto per l’intrattenimento, resta nel suo campo. Il videogame non artistico, giocando al meglio le proprie carte e rivelandosi un prodotto valido, magari non verrà ricordato negli anni, ma avrà comunque centrato il bersaglio che si prefiggeva. Come nel cinema ci sono prodotti fatti per far passare il tempo spensieratamente e pellicole autoriali indimenticabili, e allo stesso modo nel campo dei videogiochi ci sono prodotti di consumo, validi ma limitati dal punto di vista artistico, e creazioni che superano il medium stesso per diventare capolavori senza tempo.
Fabio "Super Fabio Bros" D'Anna