Nostro compito è impersonare un valoroso agente di polizia che, missione dopo missione, salirà di grado fino a entrare a far parte degli “E-Swat”, guadagnandosi così l’ambito esoscheletro da battaglia. Una schermata d’intermezzo tra un livello e l’altro ricorderà i nostri progressi (rispettivamente “Captain”, “Assistant Chief”, “Chief”, “E-Swat”). Da quel momento in poi ci verranno assegnate missioni più complesse con l’obiettivo di sgominare una potente associazione criminale capitanata da un folle generale assetato di potere. Suppongo. Già, perché la trama di “E-SWAT” non viene minimamente accennata, il coin-op è sprovvisto di una qualunque sequenza introduttiva, pur restando fermo che, data la linearità e “banalità” del soggetto, la storia si può evincere facilmente. Tuttavia una maggiore attenzione agli aspetti narrativi avrebbe sicuramente garantito più spessore al prodotto.
Tanto per l’ambientazione quanto per la tematica trattata è abbastanza evidente che questo gioco rappresenta la risposta di Sega al tie-in “Robocop” di Data East, uscito un anno prima. Tra i vari elementi che lo accomunano a quest’ultimo, c’è la possibilità di sparare anche verso l’alto. Va però detto che “E-SWAT” offre qualcosa di più al giocatore sotto il profilo del gameplay, grazie all’esperienza che derivava a Sega da titoli quali “Rolling Thunder” di Namco (1986) o il suo “Shinobi” (1987): ossia il poter spostare lo sprite principale su più livelli (scale antincendio, tettucci di furgoni o camion, davanti o dietro recinzioni e così via), aspetto questo, sfruttato anche nel coevo “Shadow Dancer”, capace di rendere più tattica la pianificazione dei movimenti da far compiere al personaggio.
Il richiamo al “Robocop” di Data East (prodotto comunque superiore al presente) è evidente anche sotto il profilo del level design, che riproduce una scenografia urbana tipica: si va dai bassifondi della downtown a cantieri abbandonati, dalla Chinatown ai docks, dalla fabbrica siderurgica allo stadio, per concludere il tutto negli headquarters della super organizzazione criminale. Non mancano nemmeno nemici che spuntano da finestre e livelli sopraelevati di vario tipo, per eliminare i quali si deve ricorrere al già sopracitato sparo verso l’alto. Non si può tuttavia fare a meno di sottolineare che “E-SWAT”, pur seguendo i canoni degli action/platform a scorrimento orizzontale, è afflitto da una certa monotonia di fondo, stemperata solo dalla possibilità (in realtà non così frequente) di sfruttare il secondo piano di spostamento. Una maggiore varietà sarebbe stata perciò preferibile. Manca inoltre, dal punto di vista dell’ambientazione, una reale contestualizzazione futuribile: a parte l’armatura cibernetica del protagonista, niente lascia infatti supporre che ci troviamo in una metropoli del futuro, anche se prossimo. Nessun elemento, a parte gli headquarters degli ultimi livelli e qualche esoscheletro o cyborg avversario, permette di differenziare il contesto urbano da una qualunque grande città di fine anni ‘80. Questa componente, invece, era stata attentamente valutata e calibrata in “Robocop”. Anche i mezzi dei nemici, che si riducono a un elicottero e una jeep (un “monster truck”, per la precisione), sono del tutto usuali.
Sotto il profilo del character design gli sviluppatori hanno fatto un discreto lavoro, anche se con risultati altalenanti. Livello dopo livello ci troveremo ad affrontare sbandati, malavitosi, criminali e killer, realizzati secondo le tipologie canoniche del genere. I boss di fine stage sono ben realizzati, in linea con gli standard classici, ma talvolta penalizzati da una caratterizzazione un po’ anonima. Non mancano però alcune gradite sorprese come un’acrobatica tigre, un enorme gorilla e, ovviamente, un cyborg, il cui endoscheletro, una volta distrutta la corazza esterna, ricorda quello del T-800 di “Terminator”. Non manca il super-mega-ultra cattivissimo generale finale, che, seduto sulla poltrona di comando, attiva vari ordigni tecnologici cercando di far valere le proprie pretese di potere e ostacolare la nostra sete di giustizia.
Un elemento molto interessante è l’esoscheletro potenziato che viene assegnato al protagonista appena raggiunto il grado di “E-Swat”: un vero e proprio arsenale corazzato che si distrugge un po’ alla volta, pezzo dopo pezzo, quando viene colpito dal fuoco avversario. Anche quest’aspetto, a parer mio, poteva essere sviluppato meglio, dato che l’armamentario della “tuta” non è poi molto vario e il suo utilizzo non risulta così determinante per portare a termine i livelli.
La grafica, nel complesso, è ben realizzata, con una buona cura per il dettaglio e un look decisamente “fine anni ‘80”. Da sottolineare l’uso di una palette non molto felice e un po’ “sbiadita”, anche se rimane il dubbio che ciò sia un problema relativo alle curve di calibrazione, visto che gli screenshot presentano un ottimo rapporto contrasto-saturazione colore.
Piacevoli anche le animazioni, tanto quanto il parallasse impostato sugli standard tipici dell’epoca, ossia basato sul 2-3 livelli di scorrimento con l’aggiunta di alcuni elementi in primo piano. Da notare qualche sporadico rallentamento nel gioco a due, in particolar modo quando sono presenti molti sprite sullo schermo.
La giocabilità si attesta su livelli molto alti, come usuale nei prodotti Sega, così da risultare fluida, godibile, ben calibrata e assolutamente non frustrante, rendendo il gioco un ottimo arcade. Ciò non toglie che si debba comunque tener desta l’attenzione sia per individuare i vari pattern (abbastanza elementari, a dire il vero) su cui si basano gli attacchi dei boss, sia perché, per ultimare gli stage, sono necessari riflessi pronti. Ogni livello, inoltre, è dotato di un tradizionale timer, finito il quale si perde una vita, mentre i proiettili a nostra disposizione sono limitati e, una volta esauriti, dovremo far ricorso a una sana “scazzottata”.
Sul fronte sonoro non si riscontra nulla di realmente rilevante: l’accompagnamento musicale è decisamente insignificante quanto gli effetti, che svolgono un ruolo puramente funzionale.
I livelli, in totale 13, garantiscono una buona longevità proprio grazie alla struttura semplice del prodotto, che lo rende fruibile e veloce. Vi ritroverete a rigiocarlo per il semplice gusto di trascorrere un’oretta divertente e rilassante, anche se nel dubbio sono preferibili altri titoli, quali “Bad Dudes vs. Dragon Ninja” o i già citati “Rolling Thunder”, “Shinobi”, “Shadow Dancer”, “Robocop”. Un certo interesse è sicuramente conferito dall’“evoluzione” di cui il protagonista gode stage dopo stage, pur tenendo però presenti i già citati limiti a essa legati.
Un prodotto quindi discreto, buono nelle premesse, ma un po’ incompleto nei risultati. Da ricordare che nel 1990 Sega pubblicò una singolare pseudo-conversione per l’allora neonato Megadrive, in cui restava integro solo il concept del gioco, mentre erano completamente riprogettati level design, longevità e giocabilità (quest’ultima in particolare caratterizzata da un grado di difficoltà maggiore e da un’impostazione decisamente più strategica nell’affrontare gli stage), con risultati tutto sommato superiori alla versione coin-op originale e a tutte le altre mediocri conversioni per i sistemi domestici a 8/16 bit.
Luca "Synapsy" C.
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