Ho deciso di esporre questa classifica dei migliori giochi per Sega Saturn (fonti: Pc World italia All Rights reserved) Buona lettura:
VENTESIMA POSIZIONE
COTTON 2 MAGICAL NIGHT DREAMS (Success, 1997)
La streghetta dai capelli rossi Cotton ha imperversato dal ’91 in poi su tutta una serie di macchine da gioco, ma è proprio in Cotton 2 Magical Night Dreams per Saturn che la serie sparacchina di Success ha trovato la sua massima espressione. Shmup a scorrimento orizzontale con qualche elemento platform, Cotton 2 vantava una fisica pazzesca e uno stile grafico puccettoso inconfondibile. Conversione praticamente perfetta dell’originale da sala (che girava su scheda Sega ST-V), il porting per Saturn era accompagnato da un calendarietto per l’anno di Nostro Signore 1998. Un anno più tardi arrivò sulla console a 32-bit di Sega anche Cotton Boomerang, versione remix di Cotton 2 con nuovi elementi grafici e un tasso di difficoltà sensibilmente più alto. Come molti altri giochi 2D di questa classifica, Cotton 2 sfrutta l’espansione di memoria del Saturn (in questo caso quella da 1 MB): solo che qui l’impiego del cartuccione di RAM a) è opzionale, b) aggiunge al gioco solo alcuni campionamenti vocali. Disponibile solo in versione NTSC-J, da una quarantina di euro in su.
DICIANNOVESIMA POSIZIONE
FIRE PROWRESTLING S - 6 MEN SCRAMBLE (Spike, 1996)
I veri cultori dei giochi di wrestling lo sanno: l’unica alternativa (ci si passi il termine) seria per riprodurre su console tutte le cialtronesche emozioni dello sport entertainment è la saga di Fire ProWrestling. Il capitolo per Saturn, disponibile solo in versione giapponese, non avrà le tante finezze del più recente Fire ProWrestling Returns per PS2, ma resta comunque un gioco ricchissimo di opzioni e dannatamente appagante. Un gioco in cui, soprattutto, l’editor permette di riprodurre aspetto e mosse di tutti i lottatori di ogni epoca, da aggiungere al già enorme roster di wrestler disponibili (che include anche, sotto falso nome, decine e decine di eroi del ring all’epoca sotto contratto per WWF e WCW). Tra match all’ultimo sangue all’interno di ring circondati da filo spinato elettrificato (!) e incontri nell’octagon in stile mixed martial arts, ce n’è davvero di che passarci su i mesi. In più, il che certamente non guasta, bastano un paio d’euro per raccattarne una copia sulla baia.
DICIOTTESIMA POSIZIONE
DIE HARD ARCADE (Sega, 1997)
È la solita storia: un gioco da sala già praticamente completo, l’acquisto di una licenza, un veloce cambio di titolo e voilà, il pastrocchio è fatto. Solo che in questo caso il pastrocchio è un signor pastrocchio. Noto in Giappone come Dynamite Deka, Die Hard Arcade era un coin-op che con il film cui Bruce Willis deve un’intera carriera aveva poco a che spartire, se escludiamo il titolo, la presenza di un grattacielo e la canottiera alla John McClane di uno dei due protagonisti (che infatti nell’edizione giapponese del gioco si chiama, uh, Bruno Delinger). Ma in fondo poco importa: quel che conta è che siamo in presenza di uno tra i pochi picchiaduro a scorrimento 3D veramente riusciti dell’intera generazione 32-bit, un gioco divertente e un po’ folle per natura delle armi improprie raccattabili lungo lo scenario e loro impiego. Un elemento che sarebbe stato portato al parossismo dal seguito, Dynamite Deka 2/Dynamite Cop per Dreamcast. Ah, Die Hard Arcade è anche il primo gioco moderno a riprendere la formula dei vecchi laser game (premi il tasto giusto al momento giusto) e a calarla in una struttura più ampia, per rendere un attimo più interessanti le sequenze d’intermezzo. Nascevano così i Quick Time Event: magari ne avete sentito già parlare.
DICIASSETTESIMA POSIZIONE
ASTAL (Sega, 1995)
Quanto accaduto con Astal simboleggia un po’ tutta la serie di errori marchiani con cui Sega ha condotto in porto il naufragio del Saturn. Non solo hai un gioco che ha la sfiga di utilizzare solo due dimensioni in un periodo in cui, come dicevamo nell’intro, il 3D ce l’ha chiunque e sua sorella. Non solo, per una qualche inspiegabile ragione, fai uscire questo platform solo sul mercato giapponese e su quello americano, fregandotene di quei mollaccioni degli europei. Ma ti dimentichi pure di stampare il nome del gioco sul dorso della confezione, in modo che si mimetizzi meglio tra gli altri sugli scaffali dei negozi. Un encomiabile sforzo di pubblicità negativa in virtù del quale, non sorprende scoprire, Astal non ha venduto sostanzialmente una mazza. Ed è un vero peccato, perché, nonostante il ritmo volutamente lento, si tratta di un gioco di piattaforme semplicemente delizioso, con un intrigante sistema di abbattimento dei nemici a furia di lanci e rimbalzi calcolati, e uno stile grafico alla Rayman che ancora oggi fa la sua porca figura.
SEDICESIMA POSIZIONE
VIRTUA COP 2 (Sega, 1995)
Se il lead designer di un gioco, un gioco qualsiasi, è Yu Suzuki, non può che venirne fuori un successo di proporzioni planetarie. Beh, certo, fatta salva la triste pagina di Shenmue, ma non riapriamo quella ferita. Dicevamo: uno tra i tanti hit di Suzuki-san, Virtua Cop arriva in sala nel ’94, seguito un anno più tardi da Virtua Cop 2. Il porting per Saturn di Virtua Cop 2 rappresenta ancora oggi la miglior conversione domestica del coin-op originale. Si dirà: eh, ma come? E la versione Dreamcast? E quella PS2? Beh, si dà il caso che la prima sia a sua volta un porting della versione PC: texture migliori e risoluzione più alta, ma complessivamente meno fedele rispetto al coin-op e priva di vari elementi (come molte voci campionate); quella PS2, invece, deriva da quella DC, che a sua volta, come detto, è figlia di quella per PC. Siete ancora con me? Bene. Virtua Cop 2 per Saturn nasconde alcuni extra intriganti, come le modalità Mirror e Virtua Cop 1, e si porta a casa per una quindicina di euro. Sì, pistola compresa.
QUINDICESIMA POSIZIONE
TENCHI WO KURAU II (Capcom, 1996)
Che detto così, magari, non fa suonare alcun campanello nemmeno nella mente dei retrogamer più scafati. Ma se invece di chiamarlo Tenchi wo Kurau II (il titolo completo è peraltro Tenchi wo Kurau II Sekiheki No Tatakai) utilizzassimo il nome occidentale del coin-op, Warriors of Fate, magari viene già molto più facile. Sì, si sta parlando del picchiaduro a scorrimento Capcom del 1992, seguito di Dynasty Wars e memorabile per la violenza degli attacchi (quantomeno rispetto agli standard dei beat’em up Capcom), per l’impiego in battaglia dei cavalli e per tutta una serie di mosse riciclate a tradimento da Street Fighter II. Ora, di Tenchi Wo Kurau II (traslitterato anche Tenchi o Kurau II) esiste anche una versione per PSone jap, incredibilmente identica, considerata la supremazia della console Sega nel 2D. Solo che è a) è molto più difficile da recuperare rispetto alla versione Saturn (anch’essa solo jap), b) costa in media sensibilmente di più.
[B][I]QUATTORDICESIMA POSIZIONE
ELEVATOR ACTION² – RETURNS – (Taito, 1995)
Elevator Action Returns è un poco noto, delizioso coin-op Taito del 1994. Sequel diretto del vecchio Elevator Action del 1983, l’arcade sviluppato da Ving impacchettava con un’accattivante 2D uno schema di gioco frenetico e gratificante: immaginate un Rolling Thunder molto più veloce, in cui ci si sposta continuamente lungo l’asse verticale e in cui il pericolo viene da ogni dove. Semplicemente spettacolare il secondo livello, ambientato in un aeroporto, e all’altezza della situazione il soundtrack, come sempre curato da Zuntata, la band in-house part time di dipendenti Taito. Elevator Action Returns arriva su Saturn un anno dopo, grazie ad Elevator Action² – Returns – (prestate attenzione all’elevamento a potenza di Action e alla parola Returns iscritta tra due trattini), compilation che include sia il seguito che il suo attempato e parecchio meno stiloso precursore, che viene sbloccato comunque solo una volta completato Returns. Altro titolo solo import, altra trentina di euro per portarselo a casa.
TREDICESIMA POSIZIONE
MANX TT SUPER BIKE (Sega, 1997)
Se i racing game su quattro ruote hanno vissuto una felice cavalcata evolutiva negli ultimi vent’anni, i centauri virtuali si sono dovuti accontentare nel tempo di poche, felici eccezioni in mezzo a un piattume digitale sconfortante. Era evidente perciò che toccasse alla stessa Sega di Super Hang-On, a metà anni '90, tirare fuori dalla naftalina il sottogenere con un gioco arcade veloce e graficamente impressionante. La conversione per Saturn era evidentemente priva dell’innovativo pezzo forte del coin-op (una moto in cui, per la prima volta, il giocatore non era costretto a tenere i piedi per terra), e non raggiungeva le finezze grafiche della successiva trasposizione su PC a opera di Psygnosis. Ciò nondimeno, Tantalus Interactive svolse egregiamente il proprio lavoro, rendendo molto bene velocità, gameplay e IA bastarda dell’originale da sala. È possibile affrontare le curve dell’isola di Man anche con una visuale in soggettiva, ma in questo caso si consiglia l’impiego del pad analogico. La versione PAL del gioco si trova a un niente.
DODICESIMA POSIZIONE
SEGA RALLY CHAMPIONSHIP (Sega, 1995)
Meglio Sega Rally Championship o Daytona USA come gioco di guida per Saturn? La questione è ancora dibattuta tra i cultori della console Sega. Se da una parte, infatti, Daytona vantava una giocabilità grossomodo intatta rispetto al coin-op, era difficile far finta di niente dinnanzi a quel pop-up così aggressivo e alla risoluzione infima delle texture. La conversione di Sega Rally Championship, invece, è una ciambella che a Sega è riuscita decisamente con il buco: il frame-rate è stabile sui 30 FPS, il pop-up minimo, la modalità per due giocatori in split-screen funziona benone. Il resto è il Sega Rally Championship che ha galvanizzato un’intera generazione di videogiocatori ancora non ColinMcRaeizzati: solo due auto (Deltone e Celica) più una segreta (Lancia Stratos), solo tre circuiti, solo tanto fango. Prendetelo PAL o giapponese, ma non NTSC-USA: pare che l’edizione yankee sia stata completata in fretta e furia per non bucare la data d’uscita, e non sia completa.
UNDICESIMA POSIZIONE
BURNING RANGERS (Sega, 1998)
E dopo una sfilza di conversioni da coin-op, un titolo originale. E che titolo. Sviluppato dal Sonic Team (magari avrete sentito parlare anche dei loro giochi di porcospini), Burning Rangers è il gioco 3D dalla grafica più pompata presente nella ludoteca Saturn. Come la ciurma di Yuji Naka sia riuscita a ottenere quelle esplosioni, quelle ombreggiature, quegli effetti di trasparenza 3D su una console che supportava via hardware solo le trasparenze 2D non è ancora chiaro, anche se un insistente rumor circolante all’epoca parlava di una nuova tecnica grazie alla quale il Sonic Team era riuscito ad affidare parte del lavoro di calcolo ai processori audio della console. Vero? Falso? E chi può dirlo. Sia quel che sia, Burning Rangers resta ancora oggi un titolo graficamente piacevole e nel complesso gradevole anche da giocare, per quanto la comunità dei Saturn-aficionados sia ancora divisa sul tema: capolavoro? Mera tech-demo? E chi può dirlo. Il gioco è uscito in tutti e tre i mercati, ma l’edizione giapponese contiene anche un CD audio con tre brani del soundtrack.
VENTESIMA POSIZIONE
COTTON 2 MAGICAL NIGHT DREAMS (Success, 1997)
La streghetta dai capelli rossi Cotton ha imperversato dal ’91 in poi su tutta una serie di macchine da gioco, ma è proprio in Cotton 2 Magical Night Dreams per Saturn che la serie sparacchina di Success ha trovato la sua massima espressione. Shmup a scorrimento orizzontale con qualche elemento platform, Cotton 2 vantava una fisica pazzesca e uno stile grafico puccettoso inconfondibile. Conversione praticamente perfetta dell’originale da sala (che girava su scheda Sega ST-V), il porting per Saturn era accompagnato da un calendarietto per l’anno di Nostro Signore 1998. Un anno più tardi arrivò sulla console a 32-bit di Sega anche Cotton Boomerang, versione remix di Cotton 2 con nuovi elementi grafici e un tasso di difficoltà sensibilmente più alto. Come molti altri giochi 2D di questa classifica, Cotton 2 sfrutta l’espansione di memoria del Saturn (in questo caso quella da 1 MB): solo che qui l’impiego del cartuccione di RAM a) è opzionale, b) aggiunge al gioco solo alcuni campionamenti vocali. Disponibile solo in versione NTSC-J, da una quarantina di euro in su.
DICIANNOVESIMA POSIZIONE
FIRE PROWRESTLING S - 6 MEN SCRAMBLE (Spike, 1996)
I veri cultori dei giochi di wrestling lo sanno: l’unica alternativa (ci si passi il termine) seria per riprodurre su console tutte le cialtronesche emozioni dello sport entertainment è la saga di Fire ProWrestling. Il capitolo per Saturn, disponibile solo in versione giapponese, non avrà le tante finezze del più recente Fire ProWrestling Returns per PS2, ma resta comunque un gioco ricchissimo di opzioni e dannatamente appagante. Un gioco in cui, soprattutto, l’editor permette di riprodurre aspetto e mosse di tutti i lottatori di ogni epoca, da aggiungere al già enorme roster di wrestler disponibili (che include anche, sotto falso nome, decine e decine di eroi del ring all’epoca sotto contratto per WWF e WCW). Tra match all’ultimo sangue all’interno di ring circondati da filo spinato elettrificato (!) e incontri nell’octagon in stile mixed martial arts, ce n’è davvero di che passarci su i mesi. In più, il che certamente non guasta, bastano un paio d’euro per raccattarne una copia sulla baia.
DICIOTTESIMA POSIZIONE
DIE HARD ARCADE (Sega, 1997)
È la solita storia: un gioco da sala già praticamente completo, l’acquisto di una licenza, un veloce cambio di titolo e voilà, il pastrocchio è fatto. Solo che in questo caso il pastrocchio è un signor pastrocchio. Noto in Giappone come Dynamite Deka, Die Hard Arcade era un coin-op che con il film cui Bruce Willis deve un’intera carriera aveva poco a che spartire, se escludiamo il titolo, la presenza di un grattacielo e la canottiera alla John McClane di uno dei due protagonisti (che infatti nell’edizione giapponese del gioco si chiama, uh, Bruno Delinger). Ma in fondo poco importa: quel che conta è che siamo in presenza di uno tra i pochi picchiaduro a scorrimento 3D veramente riusciti dell’intera generazione 32-bit, un gioco divertente e un po’ folle per natura delle armi improprie raccattabili lungo lo scenario e loro impiego. Un elemento che sarebbe stato portato al parossismo dal seguito, Dynamite Deka 2/Dynamite Cop per Dreamcast. Ah, Die Hard Arcade è anche il primo gioco moderno a riprendere la formula dei vecchi laser game (premi il tasto giusto al momento giusto) e a calarla in una struttura più ampia, per rendere un attimo più interessanti le sequenze d’intermezzo. Nascevano così i Quick Time Event: magari ne avete sentito già parlare.
DICIASSETTESIMA POSIZIONE
ASTAL (Sega, 1995)
Quanto accaduto con Astal simboleggia un po’ tutta la serie di errori marchiani con cui Sega ha condotto in porto il naufragio del Saturn. Non solo hai un gioco che ha la sfiga di utilizzare solo due dimensioni in un periodo in cui, come dicevamo nell’intro, il 3D ce l’ha chiunque e sua sorella. Non solo, per una qualche inspiegabile ragione, fai uscire questo platform solo sul mercato giapponese e su quello americano, fregandotene di quei mollaccioni degli europei. Ma ti dimentichi pure di stampare il nome del gioco sul dorso della confezione, in modo che si mimetizzi meglio tra gli altri sugli scaffali dei negozi. Un encomiabile sforzo di pubblicità negativa in virtù del quale, non sorprende scoprire, Astal non ha venduto sostanzialmente una mazza. Ed è un vero peccato, perché, nonostante il ritmo volutamente lento, si tratta di un gioco di piattaforme semplicemente delizioso, con un intrigante sistema di abbattimento dei nemici a furia di lanci e rimbalzi calcolati, e uno stile grafico alla Rayman che ancora oggi fa la sua porca figura.
SEDICESIMA POSIZIONE
VIRTUA COP 2 (Sega, 1995)
Se il lead designer di un gioco, un gioco qualsiasi, è Yu Suzuki, non può che venirne fuori un successo di proporzioni planetarie. Beh, certo, fatta salva la triste pagina di Shenmue, ma non riapriamo quella ferita. Dicevamo: uno tra i tanti hit di Suzuki-san, Virtua Cop arriva in sala nel ’94, seguito un anno più tardi da Virtua Cop 2. Il porting per Saturn di Virtua Cop 2 rappresenta ancora oggi la miglior conversione domestica del coin-op originale. Si dirà: eh, ma come? E la versione Dreamcast? E quella PS2? Beh, si dà il caso che la prima sia a sua volta un porting della versione PC: texture migliori e risoluzione più alta, ma complessivamente meno fedele rispetto al coin-op e priva di vari elementi (come molte voci campionate); quella PS2, invece, deriva da quella DC, che a sua volta, come detto, è figlia di quella per PC. Siete ancora con me? Bene. Virtua Cop 2 per Saturn nasconde alcuni extra intriganti, come le modalità Mirror e Virtua Cop 1, e si porta a casa per una quindicina di euro. Sì, pistola compresa.
QUINDICESIMA POSIZIONE
TENCHI WO KURAU II (Capcom, 1996)
Che detto così, magari, non fa suonare alcun campanello nemmeno nella mente dei retrogamer più scafati. Ma se invece di chiamarlo Tenchi wo Kurau II (il titolo completo è peraltro Tenchi wo Kurau II Sekiheki No Tatakai) utilizzassimo il nome occidentale del coin-op, Warriors of Fate, magari viene già molto più facile. Sì, si sta parlando del picchiaduro a scorrimento Capcom del 1992, seguito di Dynasty Wars e memorabile per la violenza degli attacchi (quantomeno rispetto agli standard dei beat’em up Capcom), per l’impiego in battaglia dei cavalli e per tutta una serie di mosse riciclate a tradimento da Street Fighter II. Ora, di Tenchi Wo Kurau II (traslitterato anche Tenchi o Kurau II) esiste anche una versione per PSone jap, incredibilmente identica, considerata la supremazia della console Sega nel 2D. Solo che è a) è molto più difficile da recuperare rispetto alla versione Saturn (anch’essa solo jap), b) costa in media sensibilmente di più.
[B][I]QUATTORDICESIMA POSIZIONE
ELEVATOR ACTION² – RETURNS – (Taito, 1995)
Elevator Action Returns è un poco noto, delizioso coin-op Taito del 1994. Sequel diretto del vecchio Elevator Action del 1983, l’arcade sviluppato da Ving impacchettava con un’accattivante 2D uno schema di gioco frenetico e gratificante: immaginate un Rolling Thunder molto più veloce, in cui ci si sposta continuamente lungo l’asse verticale e in cui il pericolo viene da ogni dove. Semplicemente spettacolare il secondo livello, ambientato in un aeroporto, e all’altezza della situazione il soundtrack, come sempre curato da Zuntata, la band in-house part time di dipendenti Taito. Elevator Action Returns arriva su Saturn un anno dopo, grazie ad Elevator Action² – Returns – (prestate attenzione all’elevamento a potenza di Action e alla parola Returns iscritta tra due trattini), compilation che include sia il seguito che il suo attempato e parecchio meno stiloso precursore, che viene sbloccato comunque solo una volta completato Returns. Altro titolo solo import, altra trentina di euro per portarselo a casa.
TREDICESIMA POSIZIONE
MANX TT SUPER BIKE (Sega, 1997)
Se i racing game su quattro ruote hanno vissuto una felice cavalcata evolutiva negli ultimi vent’anni, i centauri virtuali si sono dovuti accontentare nel tempo di poche, felici eccezioni in mezzo a un piattume digitale sconfortante. Era evidente perciò che toccasse alla stessa Sega di Super Hang-On, a metà anni '90, tirare fuori dalla naftalina il sottogenere con un gioco arcade veloce e graficamente impressionante. La conversione per Saturn era evidentemente priva dell’innovativo pezzo forte del coin-op (una moto in cui, per la prima volta, il giocatore non era costretto a tenere i piedi per terra), e non raggiungeva le finezze grafiche della successiva trasposizione su PC a opera di Psygnosis. Ciò nondimeno, Tantalus Interactive svolse egregiamente il proprio lavoro, rendendo molto bene velocità, gameplay e IA bastarda dell’originale da sala. È possibile affrontare le curve dell’isola di Man anche con una visuale in soggettiva, ma in questo caso si consiglia l’impiego del pad analogico. La versione PAL del gioco si trova a un niente.
DODICESIMA POSIZIONE
SEGA RALLY CHAMPIONSHIP (Sega, 1995)
Meglio Sega Rally Championship o Daytona USA come gioco di guida per Saturn? La questione è ancora dibattuta tra i cultori della console Sega. Se da una parte, infatti, Daytona vantava una giocabilità grossomodo intatta rispetto al coin-op, era difficile far finta di niente dinnanzi a quel pop-up così aggressivo e alla risoluzione infima delle texture. La conversione di Sega Rally Championship, invece, è una ciambella che a Sega è riuscita decisamente con il buco: il frame-rate è stabile sui 30 FPS, il pop-up minimo, la modalità per due giocatori in split-screen funziona benone. Il resto è il Sega Rally Championship che ha galvanizzato un’intera generazione di videogiocatori ancora non ColinMcRaeizzati: solo due auto (Deltone e Celica) più una segreta (Lancia Stratos), solo tre circuiti, solo tanto fango. Prendetelo PAL o giapponese, ma non NTSC-USA: pare che l’edizione yankee sia stata completata in fretta e furia per non bucare la data d’uscita, e non sia completa.
UNDICESIMA POSIZIONE
BURNING RANGERS (Sega, 1998)
E dopo una sfilza di conversioni da coin-op, un titolo originale. E che titolo. Sviluppato dal Sonic Team (magari avrete sentito parlare anche dei loro giochi di porcospini), Burning Rangers è il gioco 3D dalla grafica più pompata presente nella ludoteca Saturn. Come la ciurma di Yuji Naka sia riuscita a ottenere quelle esplosioni, quelle ombreggiature, quegli effetti di trasparenza 3D su una console che supportava via hardware solo le trasparenze 2D non è ancora chiaro, anche se un insistente rumor circolante all’epoca parlava di una nuova tecnica grazie alla quale il Sonic Team era riuscito ad affidare parte del lavoro di calcolo ai processori audio della console. Vero? Falso? E chi può dirlo. Sia quel che sia, Burning Rangers resta ancora oggi un titolo graficamente piacevole e nel complesso gradevole anche da giocare, per quanto la comunità dei Saturn-aficionados sia ancora divisa sul tema: capolavoro? Mera tech-demo? E chi può dirlo. Il gioco è uscito in tutti e tre i mercati, ma l’edizione giapponese contiene anche un CD audio con tre brani del soundtrack.
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