Ieri sfogliavo, come ogni domenica, l'inserto culturale del Sole 24-ore, che da qualche settimana a questa parte propone alcune pagine aggiuntive che vanno a comporre un mini-inserto chiamato "NòVa" (innovazione e tecnologia), dedicato proprio alle nuove tecnologie, all'informatica, e che molto spesso comprende anche articoli sui videogiochi e su argomenti correlati.
Riflettevo come fosse impensabile fino a qualche anno fa che un giornale come il Sole 24-ore, con una platea di livello culturale alto, dedicasse abbastanza spazio al mondo videoludico, considerato fino a poco tempo fa estraneo ad ogni orizzonte culturale, almeno qui in Italia (e persino una rivista di cinema elitaria e di caratura molto alta come "Duellanti" - un mio amico è abbonato e mi è capitato di sfogliarla più di una volta - dedica qualche pagina a una recensione o a un approfondimento sui videogiochi).
Ma soprattutto notavo come il modo di trattare argomenti videoludici più diversi (come il trend sempre più diffuso di fare libri tratti da videogiochi o la situazione delle scuole di sceneggiatura per videogame - ieri c'era un interessante articolo dedicato alla notizia della fondazione da parte dello scrittore Carlo Lucarelli della prima scuola in Italia dedicata proprio alla formazione di scrittori di trame e storie per videogiochi - o, molto più semplicemente, una carrellata sui giochi più venduti del mese), dicevo, il modo di trattare tali argomenti all'interno di Nòva sia lontano anni luce da quello che caratterizza certa informazione sensazionalistica (soprattutto televisiva, ma non solo), che usa addossare ai cosiddetti "videogiochi violenti" i peggiori mali del mondo, e comunque sia tutt'altro che superficiale (e la superficialità e i luoghi comuni verso il mondo videoludico sono all'ordine del giorno in Italia).
Tutto ciò mi fa piacere. Significa che anche qui da noi sta cambiando qualcosa. E le parole di elogio delle sceneggiature di alcuni giochi, pronunciate da uno scrittore importante come Lucarelli nell'articolo che ho letto (dichiara di aver apprezzato, tra gli altri, Hitman), così come i commenti dell'autore dell'articolo, che sottolineava il livello qualitativo di alcune sceneggiature videoludiche come quella di Red dead redemption ("che ricorda nelle atmosfere e nella filosofia di fondo il far west decadente di Sergio Leone"), valgono più di ogni altra cosa a sdoganare un pò la nostra passione nella nostra società (e anche presso certi ambienti intellettualistici con la puzza sotto il naso).
Di certo in futuro troveranno un nuovo capro espiatorio per sfogare le loro turbe mentali.
Nel lettore musicale c'erano degli assoli di pianoforte e lei li trova carini, chiedendomi chi fosse a suonare. Era l'album Amiga Meets Piano, che consiglio a tutti di scaricare (è gratis) che rivista alcune note soundtrack.
Questo per dire che oltre alle sceneggiature, che pure sono importanti, c'è qualità anche in altri aspetti. Le musiche Amiga citate ad esempio sono state composte vent'anni fa da dilettanti eppure guadagnano sempre di più identità culturale. Idem per la pixel-art o per i prodigi tecnici compiuti da talenti della programmazione su VCS ed altre macchine degli albori del videoludo.
Stiamo sudando per ottenere questi risultati e non c'è dubbio che a livello nazionale l'apporto culturale sia più incisivo da parte nostra, inteso come popolo del retrogaming, che di testate giornalistiche professionali dove si fa un lavoro semplicemente diverso.
Poi c'è la musica che, oltre alla grafica, ha beneficiato della potenza dei moderni hardware (molte colonne sonore orchestrali degli ultimi anni non hanno davvero nulla da invidiare a quelle cinematografiche, e mi sembra che stiano anche iniziando ad avere il giusto riconoscimento, con manifestazioni e premi ad hoc) ma forse ancora più interessante, come tu sottolinei, è il lavoro che facevano in passato i compositori delle musiche per Amiga o per le console anni '90, lavorando su chip sonori molto meno potenti, e magari facendo uso di semplici MIDI ma con risultati eccellenti (mi vengono in mente, esempio banale, gli straordinari MIDI di Nobuo Uematsu a corredo di un qualsiasi Final fantasy; eppure è un fatto che compositori videoludici come Uematsu hanno per lungo tempo goduto di una considerazione inferiore ai compositori di cinema o di anime, come Joe Hisaishi e Ryuichi Sakamoto, per rimanere in tema di musicisti giapponesi).
Il punto è che però i videogiochi, oltre a sceneggiatura e musica (arti più antiche e quindi più facilmente interpretabili e confrontabili) sono anche e soprattutto altro: grafica, settore abbastanza moderno e comunque più di nicchia, e level design-giocabilità, che ancora forse è un aspetto troppo giovane per ricevere dignità autonoma. Faccio un esempio: Portal 2, che sto giocando proprio in questi giorni. E' un titolo che è ottimo sotto tutti gli aspetti: sceneggiatura, grafica (anche se il source engine è vecchio ormai del 2004, ma è stato ottimizzato alla grande), sonoro, ma l'aspetto che fa fare al gioco un autentica marcia in più e per cui verrà, credo, ricordato negli anni, è l'invenzione, strettamente collegata alla giocabilità, dei portali. Ecco, qui un critico "esterno" come uno scrittore o un critico cinematografico non so se apprezzerebbe eppure è un qualcosa che è in grado si stupire e ammaliare chi si avvicina, che non può non rimanere affascinato da tanta genialità. Stiamo parlando di giocabilità e di level-design di un videogioco, non dell'uso dei colori in un quadro del Rinascimento, ma forse sarebbe il caso di scomodare anche qui il termine "arte", anche se questo è un argomento su cui si può dire tutto e il contrario di tutto e che meriterebbe un discorso a parte. Sicuramente c'è "qualità", come dicevi tu, su questo non ci piove.